Il panico politico causato dall’avvento dell’epidemia Covid ha spinto molti governi occidentali ad abbracciare improvvisamente e con grande entusiasmo (iniziale) il lavoro a distanza, da casa. Poi hanno scoperto, inorriditi, che una minoranza – finora piccola, ma crescente – di lavoratori ha capito che allora la casa poteva anche essere in un’altra giurisdizione fiscale, con tasse minori o perfino inesistenti, e – quasi altrettanto interessante – dalla burocrazia leggera.
Il primo paese a iniziare il reclutamento attivo dei lavoratori a distanza in fuga dalle tasse schiaccianti è stato il paradiso tropicale e fiscale di Barbados. Da luglio la piccola e civilissima nazione – un’ex colonia britannica – ha iniziato ad offrire visti di residenza agli smart workers, insieme con l’esenzione totale dalle tasse sul reddito, collegamenti Internet veloci, sistema bancario evoluto e, ovviamente, le sessanta spiagge dell’isola – di cui diverse attrezzate con il Wi-Fi…
Finora circa 3mila “nomadi digitali” hanno accettato l’o¡erta e le prime reazioni sono positive.
Intanto, un’altra mezza dozzina di stati ha iniziato a fare proposte simili. Sono perlopiù paesi gradevoli che finora hanno campato di turismo.
Il turismo però è in crisi ovunque e anche quando va bene è spesso fortemente stagionale e tende inoltre a creare posti di lavoro poco qualificati per l’economia locale.
La tendenza insomma è in crescita – e la fuga rischia di far perdere introiti ai governi dalla pressione fiscale maggiore. La reazione più significativa finora è la (ri) apertura dell’annoso dibattito sulla riduzione della settimana lavorativa a quattro giorni. Non è una novità.
L’economista John Maynard Keynes suggerì nel 1930 che lo sviluppo tecnologico e produttivo avrebbe presto permesso di ridurre la settimana lavorativa a sole 15 ore. Non è ancora successo.
Comunque sia, anche nella speranza di affrontare meglio l’inevitabile disoccupazione post-Covid, esperimenti con la settimana corta sono già in corso in diversi paesi, ma è una gara contro il tempo perché molti governi già iniziano a proporre nuove tasse per rientrare degli enormi costi generati dall’epidemia.
Nel contesto, bisogna citare la recente proposta della Deutsche Bank di aumentare selettivamente le tasse proprio sugli home workers – colpevoli, secondo la banca, di contribuire troppo poco alla società mentre stanno chiusi in casa…
Che ciò possa nei fatti succedere è molto improbabile, anche perché è tradizione che i tedeschi sentono fortemente il richiamo dei paesi e dei mari caldi: la proverbiale Südsehnsucht. Se poi fossero anche tax free…