TORONTO – La TIFF Cinematheque sta attualmente organizzando una retrospettiva della carriera cinematografica di Marco Bellocchio lunga decenni. L’evento è iniziato venerdì scorso e durerà fino al 29 gennaio al TIFF Lightbox. La retrospettiva di 14 film è stata inaugurata con la proiezione del dramma politico Buongiorno, Notte (2003) di Bellocchio. L’ospite speciale e celebre attore Pier Giorgio Bellocchio, figlio di Marco, era presente per un prologo e per le domande e risposte post-spettacolo. Prima della proiezione, Pier Giorgio ha incontrato il Corriere Canadese per discutere del passato, del presente e del futuro dell’Italia nel settore.
Quale è il contributo del cinema italiano all’arte
“Il cinema italiano è stato e continua a essere uno dei più invitate nei festival di tutto il mondo. Quindi è un contributo sia in termini di contenuto che di forma. Mentre negli anni ’60/’70/’80 il contributo era di primaria importanza, nel tempo è un po’ diminuito, nel senso del numero di autori italiani. I registi che realizzano film che riescono ad avere una portata internazionale sono meno numerosi, ma il livello dei film italiani è comunque molto alto”.
Cosa può imparare il cinema americano dal cinema italiano?
“Un regista italiano è in grado di realizzare un grande film anche con pochissimi elementi. Quando grandi registi americani si ritrovano a scegliere grandi attori italiani, ciò che li sorprende è la capacità di un attore italiano di incarnare il personaggio rapidamente, senza la necessità di prepararsi, studiare e lavorare per mesi o anni. Il cinema italiano è un po’ come cucinare. In Italia puoi fare gli spaghetti al pomodoro o gli spaghetti all’olio e aglio… ma questi sono piatti straordinari che nessuno sa fare [come si deve] fuori dall’Italia. Questa è la differenza”.
L’arte soffre a causa di un’eccessiva enfasi sullo streaming e sulla tecnologia?
“Non si può fermare l’evoluzione di una società e continuare a pensare che fosse “meglio in passato” di quanto non lo sia ora. Il progresso continua e dobbiamo capirlo e adattarci. E per riportare i giovani a teatro bisogna dare loro qualcosa in cui si identifichino e che riconoscano. E quindi proporre qualcosa a questo livello di linguaggio cinematografico è più vicino a ciò che vedono sulle piattaforme di streaming”.
Quale è il valore dell’esperienza di vedere un film in una sala cinematografica?
“Condividere la visione di un film con un gruppo di persone in una sala è un’esperienza sociale. Dovrebbe essere ovvio che questo è un modo più coinvolgente e altamente empatico di assorbire un film. È più emozionante e coinvolgente, e quindi un ritorno al cinema è qualcosa di importante, così le persone possono sperimentare questa forma d’arte insieme. Ma c’è anche uno scambio. Esci da un cinema e senti un’opinione sul film che è diversa dalla tua, e la ascolti attentamente per vedere se c’è un altro modo di interpretare il film”.
(Fine della prima parte dell’intervista – la seconda parte è QUI)
Foto per gentile concessione del TIFF
Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix