Pubblichiamo l’ultimo degli articoli dedicati all’immigrazione italiana in Canada, che prendono spunto dalla storia degli oggetti che gli emigrati hanno portato con sé nel viaggio dal Belpaese alla nuova terra. L’iniziativa rientra nel progetto “Narrarsi altrove, viaggio tra i cimeli e i luoghi dell’anima” della poetessa Anna Ciardullo Villapiana e della docente Stella Paola, con la collaborazione di Gabriel Niccoli, professore emerito dell’Università di Waterloo e membro del consiglio di amministrazione dell’Italian-Canadian Archives Project (ICAP), network nazionale sotto i cui auspici opera il suddetto studio poetico.
GUELPH – L’anima di Ada si è fatta contenitore di ricordi, proprio come il suo baule. Ricordi di un amore finito che si portò dietro come un’ombra fino alla morte. Le parole non dette e i sogni non realizzati viaggiavano accanto ai lini, ai pochi oggetti, e al suo abito di nozze sulle onde scure di un Atlantico ostile.
Ada infatti era innamorata di Manolo, vivevano entrambi a Canzo, in provincia di Como, si erano fidanzati e speravano di trascorrere la loro vita insieme. Ma come avviene sempre nelle tragedie le allegre note iniziali del loro giovane canto si trasformarono nel suono battente di un inaspettato, triste finale.
Manolo vide il suo paese in ginocchio, povero. Lo vide svuotarsi, ferito dalla distruzione e dalla miseria che seguì la guerra. Decise di emigrare, e chiese ad Ada di seguirlo. Ma lei non ebbe il coraggio di sentire sulla sua pelle le ferite e i segni dell’emigrazione, preferì quelle invisibili della solitudine, preferì spogliarsi di quell’amore, lasciarlo cadere. Invitò Manolo a restare o a partire senza di lei. Manolo partì.
Gli anni passarono. Ada continuò a vivere nel suo paese che, nel frattempo, era stato ricostruito. Aveva appena compiuto ventisette anni, viveva senza un uomo accanto, con una madre che ogni giorno le ricordava l’importanza di avere una famiglia di cui prendersi cura.
Intanto Carmine entrò a far parte della vita di Ada. Carmine era un emigrato rientrato dal Canada per prendere moglie e poi ripartire. Chiese la mano di Ada, e lei, sapendo in cuor suo che non sarebbe mai riuscita ad amare un altro uomo, volle comunque provare, per dispetto persino a se stessa, a varcare l’oceano per raggiungerlo. Chissà se in quel momento stesse raggiungendo il suo futuro sposo o rincorrendo l’ombra del suo vecchio amore.
Alle ferite dell’emigrazione si aggiunsero sulla pelle di Ada i graffi di un non amore. Di un marito che col tempo divenne egoista e irragionevole a causa di un incidente stradale che lo rese invalido per un lungo periodo di tempo. Carmine, a volte, piegato dal dolore, sfogava su di lei le sue frustrazioni, picchiandola, mentre Ada soffriva in silenzio.
Ada viaggiò sulla Vulcania nel 1958, da sola, con un abito di nozze che la società le cucì addosso. Uno spillo dopo l’altro, sentì sulla pelle il dolore di ogni addio.
Approdò in una terra fredda, arida, con un uomo accanto che lei rispettava ma che non riuscì mai ad amare fino in fondo.
Intanto Manolo si era anch’egli sposato, riscuotendo successo nel settore mediatico. Non erano poi così lontani, vivevano in due città poco distanti l’una dall’altra, eppure adesso erano irraggiungibili.
Nella solitudine provata negli anni, alleviata dalla nascita dei figli, Ada ascoltava i programmi televisivi e radiofonici di Manolo. Vecchie canzoni che le riportavano alla memoria i momenti vissuti in Italia, insieme alla voce di Manolo che le teneva compagnia. Agitando cardarelliani ricordi, “queste ombre troppo lunghe del breve corpo” di Ada divennero dei “muti fantasmi” in balia di “un vento funebre”. E lui non era “più che un ricordo”. Ciononostante, ormai le apparteneva.
Passarono gli anni. Ada imparò a voler bene a Carmine, o comunque a stargli accanto. Ma il suo cuore rimase immobile in un luogo idealizzato del passato in cui la sua bocca si schiudeva al tocco delle labbra di Manolo. Egli restava presente come uno spettro, sebbene assente da molti anni, era una voce che ancora riusciva a farle vibrare le corde dell’anima.
Ada non era mai riuscita a svuotarsi completamente del sentimento che la legava a Manolo, a fare spazio per riempire il suo cuore dell’affetto di suo marito. Così come il suo baule Ada viaggiò una vita intera sospinta dalle onde di suoni e voci interne rese mute dai lini di una realtà ovattata.
Ada non ha mai indossato quell’abito di nozze che viaggiava muto su uno specchio liquescente accanto a lei. È rimasta in bilico, sospesa in un posto senza tempo e senza spazio in cui continuava ad incontrare Manolo. Sospesa, come il pianoforte del film Lezioni di piano di Jane Campion, Ada è rimasta immobile e muta: ”Di notte penso al mio pianoforte nel profondo dell’oceano e a volte penso anche a me, sospesa sopra di esso. Là sotto tutto è così fermo, silenzioso, che mi concilia il sonno. È una strana ninna nanna, ma è così, ed è mia. C’è un grande silenzio dove non c’è mai stato suono, c’è un grande silenzio dove suono non può esserci, nella fredda tomba del profondo mare”.
Infine Ada incontrò Manolo, erano entrambi pieni di rughe e con i capelli bianchi, come i protagonisti del romanzo L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Márquez. Lui era rimasto vedovo e chiese ad Ada di lasciare suo marito per vivere con lui. Lei rifiutò. Di quel rifiuto però non riuscì a farsene una ragione, né in quell’attimo né nei giorni e nelle notti che seguirono, nella solitudine della sua stanza. Dopo pochi anni Ada morì.
Oggi il baule lo custodisce Lucia nella sua casa di Guelph in ricordo della sua mamma.
Anna Ciardullo Villapiana
Ed ecco la poesia di Anna Ciardullo Villapiana, ispirata dalla storia di Ada.
Svuotavo l’anima
mi illudevo di lasciar cadere
ad uno ad uno tutto ciò che mi legava a te.
Le zolle di terra,
i versi scritti sulla sabbia
guardando il mare
la nave gettare l’ancora
ed io che ti vedevo scendere in un porto lontano.
Iniziai a riempire quel baule di lini bianchi e di merletti,
guardando il mio abito di nozze,
cucendo sulla pelle i fili di un amore nuovo
tessendo trame di sogni.
Chissà tu dov’eri,
chissà quante volte pensavi a me.
Il mio abito viaggiava in quel baule su quella nave
che avrei voluto mi portasse a te,
ma al porto mi attendeva un altro uomo.
Lo avrei sposato, avrei speso con lui il resto dei miei giorni.
Quando infine ti incontrai i tuoi capelli erano bianchi,
i miei occhi rugosi,
i fiori ormai appassiti come i giorni vissuti senza te.
Quando tornai alla mia vita,
rimase solo la tua voce a farmi compagnia,
e sebbene lo volessi, non riuscii mai a disfarmi di te,
ogni volta che aprivo quella valigia ti trovavo lì, nella stiva,
accanto ad un baule che non ho mai saputo riempire né svuotare.
Anna, Stella e Gabriel: tre prof alla ricerca delle radici italiane
TORONTO – Le professoresse Anna Ciardullo Villapiana e Stella Gualtieri Paola stanno lavorando con entusiasmo e passione al progetto fra storia, cultura e poesia che si propone di raccontare, in modo nuovo, le tante vicende che hanno avuto come protagonisti, spesso silenziosi e sconosciuti, i tantissimi connazionali arrivati in Canada dal Belpaese.
Vicende che le due insegnanti conoscono bene, essendo entrambe di origine italiana e residenti in Canada.
Stella, la cui famiglia proviene da Figline Vegliaturo, in provincia di Cosenza, Calabria, è nata in Sault Ste. Marie, Ontario, e vive con suo marito a Waterloo. Insegna alla Resurrection Catholic Secondary School e per lei l’insegnamento è molto più che lavoro. È una vocazione profonda. Si impegna tantissimo ad aiutare gli studenti a scoprire se stessi attraverso qualsiasi curriculum – religione o lingue. Nella scoperta della sua Italianità, Stella si è dedicata allo studio della diaspora proprio come la sua collega e poetessa Anna Ciardullo Villapiana.
Anna, nata a Cosenza dove ha vissuto per circa trent’anni, nel 2003 si è trasferita in Canada dove, sposata, con due figli, ha iniziato la carriera di insegnante di Italiano e di interprete e dove ha potuto coltivare una passione che la accompagna fin dall’adolescenza: quella per la poesia. Qui, infatti, Villapiana ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie “Percorsi Interiori” nel 2007, seguita nel 2015 da “Frammenti di Luce” e nel 2018 da “Al di là del mare, Dialoghi DiVersi”. Stimata socia dell’AICW (Association of Italian Canadian Writers) ha partecipato a molte iniziative e svariate conferenze per la conservazione della lingua e tradizione italiane nella realtà canadese notoriamente multiculturale. È inoltre co-chair della Waterloo Chapter Committee dell’Italian Canadian Archives Project (ICAP), una rete di beneficenza fondata per connettere e coinvolgere comunità, gruppi locali, individui, esperti e istituzioni pertinenti-come archive e musei- in tutto il Canada al fine di preservare e rendere accessibile il patrimonio italocanadese.
E proprio questo suo percorso nell’Italianità l’ha portata a elaborare, insieme a Stella, con la collaborazione del professor Gabriel Niccoli dell’Università di Waterloo e membro del consiglio di amministrazione dell’ICAP, il progetto in questione che, come si era detto in precedenza, trova adesso spazio nelle pagine del Corriere Canadese: ogni settimana, dunque, il nostro giornale racconta storie di immigrazione dall’Italia, partendo da un oggetto caro a chi è partito, per scelta o necessità, spesso lasciando “pezzi” di cuore nel Belpaese ma a volte portandosene qualcuno con sé.
Da queste storie, Villapiana si è lasciata ispirare per comporre poesie, sia in Italiano che in Inglese, intense ed emozionanti, che pubblicheremo insieme ai racconti degli emigrati.
Qui sotto, il trailer del progetto, realizzato con poesie di Anna Ciardullo Villapiana, letture di Gianluca Lalli e Stella Paola e musiche di Francesco DeGregori, Gianluca Lalli e Juneyt.