Il Commento

Fama politica: oggi c’è – ieri era già finita

TORONTO – Ogni giorno che passa, mi convinco sempre di più che la funzione primaria dei sistemi politici e degli aspiranti politici è quella di dimostrare la follia di strutture socio-politiche basate su un’ideologia che nemmeno i loro fondatori capiscono e tanto meno si preoccupano di sostenere. Povero Joe Biden, lo ricordate? – poche ore dopo la sua inevitabile abietta decisione di ritirarsi da una corsa che aveva vinto (doveva svolgersi solo la “cerimonia di premiazione del medaglione” programmata), un esercito di partigiani e opinionisti preoccupati hanno preso di mira i media e la stampa per promuovere i loro sostenitori.

Sono stati tutti superati dai bookmaker di Las Vegas che hanno pubblicato le quote sul “testa a testa” tra Donald Trump e Kamala Harris. Per chi fosse interessato, Money.it, con sede in Italia, ha riferito lunedì mattina che le quote sembravano favorire Trump a 1,44 mentre Harris era al 3,00. Ovviamente i bookmaker avevano già escluso qualsiasi altro pretendente democratico. Se così fosse, c’è un fenomeno di pensiero di gruppo che si sta insediando nel Nord America, e negli Stati Uniti in particolare, che sta costituendo un’ideologia partigiana omogenea.

A questo punto, dopo mesi di processi ardui e costosi, che hanno coinvolto le campagne disparate dei vari contendenti repubblicani, è emerso un vincitore/rappresentante di ciò che potrebbe guidare la direzione generale del partito su qualsiasi posizione data, a livello nazionale e internazionale. I partigiani hanno quasi immediatamente serrato i ranghi per riconoscere la leadership e per affinare la loro campagna contro i potenziali pretendenti democratici.

La loro attenzione si è spostata quando il presunto candidato democratico ha rinunciato, gettando temporaneamente il processo di selezione nel caos. La Guardia Pretoriana (dopotutto questo è il paese che si autodefinisce un erede moderno dell’antica Repubblica romana) è intervenuta per calmare le acque e portare delicatamente i delegati in un campo preferito: quello di Kamala Harris.
Al momento di andare in stampa, Nancy Pelosi, la matriarca del partito, si è dichiarata per la Harris.

Solo lei ha accesso ai soldi rimasti nel tesoro della campagna di Biden. I finanziatori che avevano interrotto il flusso di donazioni riaprono i rubinetti. Biden non si è ancora dimesso completamente dalla candidatura (anche se è una conclusione scontata) e sicuramente non dalla presidenza. Avrebbe potuto risparmiare al suo partito enormi mal di testa e tumulti se si fosse anche dimesso da Presidente. In quel caso, Kamala, come è ora popolarmente conosciuta, avrebbe ereditato il mantello del Presidente.

Allo stato attuale, il Partito dovrà affrontare gli inconvenienti associati agli oltre 4.000 delegati, il 99% dei quali è stato ottenuto tramite la campagna di Biden, ora tecnicamente liberi di prendere decisioni da soli. Tuttavia, la Guardia Pretoriana gestisce la “Convention del Partito Democratico” e il processo di voto per selezionare il suo candidato presidenziale genererà sicuramente obiezioni: ogni opzione è irta di difficoltà. Ma una soluzione deve essere trovata rapidamente, altrimenti le ricadute potrebbero essere fatali per loro. Può sembrare bizzarro, ma l’industria del gioco d’azzardo, “è tutta una questione di soldi”, è molto più in sintonia con gli eventi del giorno rispetto ai sondaggisti guidati dai partiti.

Vale la pena tenere d’occhio anche personaggi internazionali come Volodymir Zelensky e Bibi Netanyahu; entrambi hanno una posta in gioco. Zelensky era al telefono con Trump l’altro giorno e Netanyahu è in visita a Washington questa settimana. Nessuno dei due può permettersi di aspettare che i democratici risolvano le loro divergenze interne.

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