Il Commento

Esaltazione dell’eccesso:
la superbia come virtù

TORONTO – La lingua è tutto, o almeno così sembra. Non lo so per certo. La mia istruzione in italiano fu interrotta quando i miei genitori presero la decisione di ricominciare la loro vita (compresa la mia) nella terra che il mio nonno materno chiamava casa dalla fine del 1800, e nella quale divenne “cittadino” prima che Wilfrid Laurier portò il paese alle elezioni del 1911.

La loro decisione mi ha costretto a tentare di apprendere il significato e le sfumature di un linguaggio estraneo ai punti di riferimento del mio ambiente natale e ai valori che lo supportavano. Rimane un processo incompiuto. Fino al giorno in cui è morta mia madre, non ricordo una sola volta in cui mi abbia detto una sola parola in inglese, ma mi ha chiesto di padroneggiare il nostro compito, incluso il motivo e il significato di ogni parola, ogni frase, ogni espressione.

Entrambi i miei genitori leggevanoo incessantemente nel loro tempo libero. Hanno chiesto rispetto per la lingua e cosa significa sia a chi parla/scrive che all’ascoltatore in questione. Il nuovo ambiente, il Canada del secondo dopoguerra, mostrava spesso un’ostilità intollerabile, anche per le giovani famiglie come la nostra. Eravamo tanti.

L’“integrazione” dell’ambiente sociale, culturale, linguistico non è stata né facile né “indolore”; non per me; non per i miei fratelli; soprattutto non per i miei genitori… in particolare per mia madre. Era una giovane donna che, in quanto canadese nata all’estero, aveva perso il suo status perché aveva sposato mio padre. Merito del War Measures Act, 1940, che aveva dichiarato lui e gli italiani ovunque come “nemici alieni”. Non lo sapevo da bambino cresciuto a Orange Toronto.

Oh, l’annuale Orange Parade ha celebrato la vittoria di Guglielmo d’Orange e la sua conquista del trono inglese nel 1688 e per tenerlo al sicuro da pratiche, riti e rituali cattolici. Era un’espressione di trionfalismo sui vinti, ricordando una pratica comune nella Repubblica Romana più di 2000 anni fa. Non abbiamo partecipato. Non aveva lo scopo di “includerci”. Fortunatamente, non esiste più.

Il “fenomeno” si è trasformato in qualcos’altro. Ciò che è sempre stato sconcertante in quel processo è la manipolazione del vocabolario per denigrare l’importanza di una meritocrazia radicata nella competenza e nei valori (responsabilità, obbligo ecc.) e sostituirli con l’esaltazione dell’emozione come fine ultimo da vivere e da promuovere.

Ora tutto è “fantastico”; tutti sono “appassionati” – se non “incredibilmente appassionati” – di qualcosa (magari escludendo un incontro sessuale). I leader politici ci mettono in guardia contro la “mascolinità tossica” contro “l’estrema destra (alt-right) o la sinistra pazza”, a seconda dei casi. Cosa significa tutto questo? Chiunque osi avere una visione diversa dalla loro è etichettato come “hater/odiatori”; se offendono la sensibilità di chissà chi, allora sono “…-fobici”.

I consigli scolastici e gli “educatori” si impegnano a utilizzare la polizia per rafforzare la loro interpretazione dell’inclusione. I genitori vengono espulsi e allontanati con la forza dai locali pubblici perché si oppongono a ciò che gli insegnanti impartiscono nelle aule (contrariamente alla Legge). Giovani studenti maschi che supportano le loro colleghe nella privacy e nell’uso esclusivo dei bagni femminili per le ragazze, vengono espulsi, incriminati, arrestati e incarcerati.

I musulmani che protestano contro la complicità dei leader eletti in questo “movimento” nel fine settimana potrebbero avere una grande sorpresa.

Nel fermo immagine in alto, un momento della manifestazione di protesta dei musulmani a Ottawa

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