TORONTO – Finita la campagna elettorale, la parola passa agli elettori. Oggi i residenti di Toronto sono chiamati alle urne per scegliere il dopo Tory, ultimo capitolo che chiude una pagina della storia cittadina e ne apre un’altra. Centodue candidati in corsa per la poltrona di sindaco, solo una manciata di questi con reali aspirazioni di vittoria finale: queste elezioni sono davvero un unicum in città, sia per come sono nate sia per come si sono sviluppate negli ultimi mesi.
Dobbiamo infatti fare un passo indietro e tornare al 24 ottobre 2022, quando Tory stravince le elezioni e viene confermato primo cittadino con il 62 per cento dei voti, sbaragliando Gil Penalosa e avviandosi a governare per il terzo mandato consecutivo, dopo quelli del 2014 e 2018. Un mandato, quello dell’ex leader del Progressive Conservative, che si presenta tutto in discesa. Popolare tra i cittadini, rispettato in consiglio comunale, Tory può anche contare sull’ultimo regalo fattogli dal premier dell’Ontario Doug Ford: una legge nuova di zecca che rafforza a dismisura i poteri del sindaco di Toronto. Con la riforma, infatti, il primo cittadino non è più un primus inter pares nel consiglio comunale, ma un vero e proprio monarca assoluto dei tempi moderni. Per governare la città, infatti, il sindaco non ha più bisogno della maggioranza dei voti dei consiglieri comunali, ma solamente di un terzo, otto quindi. Con questo sostegno, il sindaco può fare il bello e il cattivo tempo, assume in toto l’iniziativa del budget e può contare su nuovissimi poteri di veto che rendono le sue prerogative illimitate.
Ma il colpo di scena è dietro l’angolo. A inizio febbraio scoppia lo scandalo a sfondo sessuale che travolge Tory. Si scopre che il sindaco durante la pandemia ha avuto una relazione con una componente del suo staff, una notizia che viene poi confermata anche dal diretto interessato che il 10 febbraio decide di dimettersi.
Come è prevedibile, molti candidati di peso decidono di scendere in campo, per raccogliere il testimone da Tory e per poter tornare in gioco proprio quando si aveva la certezza di altri quattro anni di tranquillità a City Hall.
I 102 candidati rappresentano un numero record, facilitato dal fatto che per correre basta pagare la quota d’iscrizione di 200 dollari e cinquanta firme.
Sin dalle prime battute della campagne elettorale Olivia Chow spicca il volo, mentre a destra si assiste a un testa a testa tra Mark Saunders e Anthony Furey. Ma è il centro che caratterizza l’andamento della campagna: troppi candidati e consenso estremamente frastagliato. Ana Bailao, Mitzie Hunter, Josh matlow, Brad Bradford si dividono quella fascia elettorare che storicamente rappresenta un terzo dell’intero elettorato torontino, favorendo l’ascesa della Chow.
Ma un dato altrettanto interessante è rappresentato dai temi toccati durante la campagna elettorale.
Nel dopo Tory, infatti, si scopre che a Toronto i problemi esistono e sono anche parecchio profondi: la crisi abitativa, la sicurezza, le aggressioni quasi quotidiane sui mezzi e nelle stazioni della TTC, l’inflazione, la viabilità e le piste ciclabili, l’Ontario Place e il suo destino diventano oggetto di dibattito.
Insomma, la Toronto di Tory non era affatto la città perfetta e patinata che si voleva far credere. Oggi i cittadini sono chiamati a scegliere la futura guida politica della città: si chiude un’era, se ne apre un’altra.
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