Cultura

“Il Vagabondo. An Urban Opera”,
romanzo in forma di libretto

TORONTO – Il librettista è l’eroe dimenticato dell’opera lirica. Tutti giustamente celebriamo Mozart, Verdi e Puccini, ma quanti hanno sentito i nomi di Lorenzo Da Ponte o Arrigo Boito? Eppure questi grandi poeti hanno scritto i libretti, cioè sostanzialmente i ‘copioni’ (i melomani mi perdonino per la semplificazione indebita) messi poi in musica dai rispettivi compositori. Come dire che senza Da Ponte non esisterebbe “Così fan tutte”, che però tutto ricordano come un’opera “di” Mozart.

Certo, è fuor di dubbio che nell’opera la musica sia decisamente centrale rispetto ai testi; ma insomma, tutto questo per dire che quello del librettista era un compito ingrato già nell’epoca d’oro della musica lirica, e figuriamoci poi oggi che il mondo dell’opera si regge sostanzialmente sulla reinterpretazione dei classici.

In questo contesto, merita la nostra attenzione l’operazione tentata da Glenn Carley, un pensionato di Bolton Ontario, ora alla sua terza prova letteraria con “Il Vagabondo. An Urban Opera” (Guernica Editions, 2021). Se fino ad ora Carley si era mantenuto nel solco delle forme canoniche come il romanzo e il racconto, con “Il Vagabondo” tenta un esperimento probabilmente inedito: quello di ridare vita al libretto e renderlo un’opera autonoma, che non ha bisogno del supporto della musica per funzionare appieno. Tuttavia non si tratta di una ripresa filologica e passatista, ma di una vera e propria reinvenzione: il libretto di Carley è scritto non in italiano ma in inglese, e la sua musicalità lo colloca nel jazz d’avanguardia più che nell’opera classica.

Tuttavia, questo estremo sperimentalismo non significa che “Il Vagabondo” sia una mera provocazione per intellettuali: si tratta al contrario di un libro “of the people, by the people, for the people”. In questo, Carley fa riemergere una delle caratteristiche fondamentali e oggi purtroppo quasi dimenticate dell’opera lirica: quella di essere stata per secoli una forma d’arte essenzialmente popolare, un repertorio di storie e musiche che tutti riconoscevano, ricordavano e, perché no, canticchiavano.

“Il Vagabondo” è, al di là di tutto, una storia di amore, di famiglia, di malattia, che trae ispirazione dalle tradizioni (anche, perché no, gastronomiche) dei contadini italiani, un mondo che l’autore conosce bene e ama (la moglie, Mary, è oltretutto di famiglia italiana) e che ha voluto omaggiare riecheggiando l’arte più squisitamente italiana, l’opera lirica.

Resta al lettore decidere se il libro-libretto di Glenn Carley vada letto a bassa voce, declamato, o rappresentato davvero come un’autentica opera lirica.

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