Cultura

Gomorra, “un barlume di umanità
nelle anime più buie”

TORONTO – La serie italiana “Gomorra”, che ha avuto un grande successo internazionale, è finalmente arrivata in Canada su Hollywood Suite On Demand (gratis fino al 5 gennaio), con le prime tre stagioni disponibili dal primo dicembre 2021. La quarta e la quinta stagione, oltre al film spin-off “L’Immortale”, saranno disponibili a gennaio. Per celebrare questo importante arrivo, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Salvatore Esposito e Marco D’Amore, che interpretano i personaggi principali della serie – Genny e Ciro. “Stamm senza pensier” per il successo di “Gomorra” anche qui in Canada!

Toronto ha una grande popolazione italo-canadese che per la maggior parte ha radici nel sud d’Italia e parla dialetto piuttosto che italiano. Secondo voi, perché è stato importante fare questa serie in napoletano?
M.D.: «È stato importante per due ragioni sostanziali. La prima: perché rompeva un’abitudine consolidata di italianizzare tutti i dialetti specifici legati alle storie. E questo ovviamente è un rischio, perché corri il pericolo di non arrivare ad un pubblico vasto; rischio che è stato vinto. La seconda ragione è molto più legata alla storia, e cioè che certi personaggi, descritti in certi ambiti, devono parlare in quel modo. E quindi bisogna osservare “Gomorra” come fosse una serie in lingua originale americana, che per godertela la devi vedere con i sottotitoli. Devi ascoltare la musica della lingua attraverso cui i personaggi si esprimono».

Che cosa vorreste che rimanesse al pubblico alla fine di questa serie in termini di temi universali?
S.E.: «Guarda, è una cosa che stiamo dicendo spesso sia io che Marco: io credo che alla fine di Gomorra 5, la gente si renderà conto che questa storia su tutti i massimi sistemi, su tutti i termini universali, è stata una storia d’amore. Una storia d’amore ai tempi di Gomorra con questi due personaggi, Ciro e Genny, che fin dalla prima stagione sono stati tutto e niente. Quindi, alla fine, secondo me il pubblico si renderà conto che in fondo anche gli esseri umani più orribili che commettono gli atti più atroci riescono a trovare un barlume di umanità, un barlume di amore, anche nei luoghi, nelle vite, nelle anime più buie. Secondo me è questo che rimarrà alla fine alla gente».

A differenza di altre serie italiane, “Gomorra” ha avuto un grande successo internazionale. Secondo voi, c’è un motivo in particolare?
M.D.: «I motivi, secondo me, sono tanti. Tutti però hanno a che fare con il talento delle donne e degli uomini che hanno contribuito a realizzare “Gomorra”. Il successo lo si deve alle capacità che abbiamo avuto di raccontare i personaggi, di illuminare i mondi, di scrivere i loro dialoghi; alla capacità di sperimentare nuovi linguaggi, una nuova grammatica; e, soprattutto, alla forza con cui abbiamo imposto a noi stessi che parlando di “Gomorra” parlassimo del mondo: che per noi Gomorra non fosse un racconto di Napoli, perché non è così. “Gomorra” non è un luogo geografico ma un luogo della memoria, è un luogo intimo per cui qualsiasi cittadino, a qualsiasi latitudine del mondo, guardando alla nostra “Gomorra” può pensare alla Gomorra del suo paese, della sua città, del suo quartiere».

Qual è la vostra sensazione sull’accoglienza della serie in Canada?
S.E.: «Guarda, noi riceviamo tantissimi messaggi e tantissimo affetto da ogni angolo del pianeta. E ti devo dire la verità, il Canada è una delle terre più fertili per quanto riguarda l’affetto. E ti dico secondo me anche perché, perché oltre agli italo-canadesi ci sono anche molti franco-canadesi. In Francia, come sai, “Gomorra” è la serie non francese più vista di tutti i tempi su Canal+ e quindi c’è un grande affetto nei nostri confronti. Io, personalmente, non sono mai stato in Canada, anche se sono stato tantissime volte negli Stati Uniti. Mi sono ripromesso che dopo il COVID passerò un po’ di tempo in Canada, tra Vancouver e Toronto, mi piacerebbe molto salutare i tanti fan che abbiamo lì».

Questa serie mostra chiaramente un problema importante di Napoli – la criminalità organizzata. Però, la serie ha fatto varie cose positive per la città di Napoli. Potreste parlare un po’ di questo?
M.D.: «La prima cosa positiva della serie: sono otto mesi di lavoro in territori in cui non c’è lavoro. E quindi la ricaduta economica su certi quartieri è incredibile in termini di assunzioni, in termini di affitto di case, in termini di vita che viene trascorsa lì e dunque esercenti, supermercati, alberghi, affitto di macchine, affitto di case. Tutto questo economicamente ricade su un territorio in cui il lavoro è una chimera, un sogno lontano, e già questo è molto importante. L’altra cosa molto bella di cui parla spesso Salvatore è quanto la permanenza di questa serie su certi territori abbia invogliato ragazze e ragazzi a studiare, a frequentare corsi di recitazione, quindi ad avere dei sogni belli rispetto alla propria vita. E poi l’altra cosa, secondo me molto importante, è che “Gomorra” in otto anni ha reso Napoli e le sue periferie il primo set d’Italia. Ci sono più di cinquanta produzioni internazionali e nazionali ogni anno e questo lo si deve solo a “Gomorra”, non c’è altro. Prima Napoli era un set sporadico in cui si veniva ogni tanto forse per inquadrare il mare. Invece adesso ci sono produzioni da tutto il mondo, tantissime nazionali, e questo, ti ripeto, significa soprattutto lavoro».

Quali sono i vostri progetti per il futuro?
S.E.: «Ce ne sono tanti. Sai, il COVID un po’ ha rallentato tutto. Abbiamo tante idee, ci sono tante cose che bollono in pentola, e vedremo cosa ci porterà l’anno nuovo. Io spero un giorno di poter ritornare con Marchitiello o essere diretto da lui o condividere con lui il set, e vedremo».
M.D.: «Guarda, io comincio subito perché a fine gennaio inizio un nuovo progetto da regista di cui sono molto felice, e poi ci sono tante cose in cantiere. Ovviamente, c’è un desiderio condiviso con Salvatore di lavorare insieme perché la nostra amicizia si fonda, prima ancora che sull’amore reciproco, sulla condivisione di un certo modo di lavorare, quindi sono sicuro che il destino ci metterà di nuovo uno al fianco dell’altro».

Com’è stata l’esperienza da regista per alcune puntate di “Gomorra”?
M.D.: «Maybe the greatest challenge of my life! È stata molto difficile perché stare in scena a quei livelli non è semplice, ancor meno quando devi anche dirigere. Però le cose sono diventate più facili grazie alla mia troupe che mi ha aiutato, mi è stata al fianco, grazie agli attori come Salvatore che sostanzialmente dirigono da soli i loro personaggi, per cui lo scambio è molto creativo e molto bello, ma anche molto semplice. E poi devo dire lavorando, lavorando tanto, perché ho sempre dedicato tutta la mia vita a questo mestiere, e mi sono preparato molto, ho studiato tanto, e quindi queste tre componenti messe insieme hanno reso questa avventura sicuramente complessa però allo stesso tempo anche semplice».

C’è un messaggio che vorreste comunicare al pubblico italo-canadese come pensiero finale sulla serie?
S.E.: «Io, a tutti gli amici italo-canadesi, spero che vi sia piaciuta la serie e spero che questa quinta stagione vi piacerà ancora di più. Vi toccherà beccarvi un po’ di spoiler che arrivano dall’Italia che non è colpa nostra! Diciamo che usciranno, però spero vi possiate godere comunque la quinta stagione».
M.D.: «Io, invece, volevo dire a tutti gli amici italo-canadesi che qui in Italia ci mancate tanto! Ma se voi sentite mancanza dall’Italia, noi veniamo con Gomorra, ve facimm vedè Napule quant’è bella, e nun ve dimenticate mai di noi. Never forget us, guys!».

Rachel Grasso

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