Cultura

Alla (ri)scoperta di Dante
e delle ville venete
con Sebastiano Bazzichetto

TORONTO – In occasione dell’Italian Heritage Month che questo giugno celebra la cultura italiana e italo canadese con numerose iniziative tra una sponda e l’altra dell’oceano, torna Sebastiano Bazzichetto con la serie online “Wish You Were Here”. Veneziano di nascita e torontino di adozione (ha conseguito un dottorato in Italian Studies presso l’Università di Toronto), Bazzichetto porterà gli spettatori tra ville e giardini meno conosciuti ai flussi turistici tradizionali mostrandoci la sua versione di una regione, il Veneto, che non finisce mai di stupire. Lo abbiamo incontrato virtualmente per parlare in anteprima di questa attesa seconda stagione di “Wish You Were Here”.

Italian Heritage Month 2021: perché una seconda stagione di “Wish You Were Here”?
«Perché quest’anno ci sono moltissime cose da celebrare ed onorare. Cominciamo con Dante e i 700 anni dalla sua morte per continuare con le 1600 candeline sulla torta di compleanno di Venezia, la città dai mille volti, la Regina dell’Adriatico che ancora oggi incanta e stupisce: una seconda stagione era più che dovuta. Quando ho ricevuto la proposta da parte di Giulio Recchioni, direttore culturale del Columbus Centre, non ho potuto che accettare con gioia l’invito per cimentarmi in una nuova avventura. Sento così forte l’impegno di un paese come il Canada che dedica addirittura un intero mese alla nostra variegata ed eccezionale cultura. Un tributo non indifferente alla nostra penisola da parte di un paese che ne sa riconoscere il valore, la storia e l’immenso patrimonio artistico e non solo. E questo è per me un merito ancora maggiore se pensiamo che, stando ai dati de Il sole 24 ore, ben 13 milioni di italiani raggiungono un titolo pari alla terza media. Siamo, ahinoi, uno dei paesi più ignoranti in Europa. È facile riempirsi la bocca di frasi come “l’opera, l’arte, Pompei, Michelangelo, alta moda, Fellini, Zeffirelli” e così via ma poi, nel momento della ripartenza degli scorsi mesi, il primo pensiero è andato alle modalità per riaprire e riempire gli stadi di calcio. Forse dovremmo rivedere un paio di principi sulla lista delle priorità culturali del nostro paese».

Qualcuno potrebbe dire «Ancora Dante?», non se ne è parlato abbastanza?
«Mai abbastanza! Il Sommo poeta è conosciutissimo all’estero ma forse ‘non tutti sanno che…’. Ed è proprio con questa idea che ho cercato di dare avvio al mio omaggio all’Alighieri. Non sono un dantista (e temo il giudizio dei miei augusti colleghi) ma il mio intento non è di spiegare Dante al pubblico. Il mio interesse si è indirizzato verso un uomo che scrive un poema che è un mirabolante viaggio e che, per buona parte della sua esistenza, visse in viaggio, o peggio, in esilio. Illustrare alcuni dei luoghi dove Dante mosse i passi del suo infelice pellegrinare ci porta a riscoprire aree e regioni della penisola italiana che non sono tra le più canoniche mete turistiche. Su Dante si è detto e scritto molto ma vi è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Sapeva di sale l’esilio del nostro Poeta, certo, ma non è solo l’amarezza della condanna: è anche, se ci pensiamo bene, il nutricarsi di cibo che non sa di casa. Com’è risaputo il pane toscano è per tradizione sciocco, sciapo, senza sale per l’appunto e chissà quanto Dante, anche nei pasti, si sentisse lontano dalla cucina della sua patria».

Le ville venete, una storia altrettanto conosciuta, non trovi?
«Conosciuta sì, male e poco però. I tre episodi successivi ci trasportano nella campagna veneta, un territorio esteso su cui Venezia riversò tutte le sue attenzioni ed energie. Dopo la battaglia di Agnadello – era il 1509 –, sconfitta dalla Lega di Cambrai, la Serenissima Repubblica investe moltissimo nella bonifica e riqualifica delle campagne: nasce la pax marciana e lì l’aristocrazia lagunare può fondare centri agricoli ed economici senza precedenti».

Una civiltà particolarissima che non ha eguali insomma.
«Esatto. Il grande errore di molti stranieri è guardare a queste ville con un occhio “alla Downton Abbey” ma non è così. La villa veneta presenta un corpo dominicale – nobilitato, affrescato, abbellito – in cui vive il signore circondato dai famigli che vivono nelle barchesse, gli edifici preposti al santo lavoro della terra. E la villa stessa vive armoniosamente in fruttuoso connubio con il paesaggio circostante. È inoltre un patrimonio colossale anche in termini di numeri: quelle che sono considerate ville venete, costruite tra la fine del ‘400 e la seconda metà dell’800, sono più di 4000».

Da veneziano, quali sono gli aspetti che trovi più affascinanti per uno straniero della cultura della tua città e della tua regione?
«Moltissimi ed elencarli tutti è arduo cimento. Venezia è forse una delle città con la concrezione di appellativi tra i più variopinti e l’incremento simbolico e metaforico è incalcolabile: Venezia è bellezza, certo, ma è ancor più libertà. Ciascuno ha la ‘sua’ Venezia: la città può essere scrigno di tesori artistici, musa silente o palpitante sirena. Ma chi non trascorre almeno un paio di giornate sulla bianca sabbia degli Alberoni al Lido o prende un gianduiotto da Nico non sa cosa sia Venezia, che non è solo e semplicemente lo sfavillio che ci viene costantemente proposto sui social media. Quello è forse il modo più vacuo per fare di Venezia mera scenografia e decoro (ostentato). Per quanto riguarda il Veneto basti dire che siamo la regione in Europa con la più vasta biodiversità: in meno di 200 km si va dalla laguna alla Marmolada. Qui nelle terre della fu Serenissima tra Palladio, Giotto, le viti del prosecco, Da Ponte, Canova, le Dolomiti, gli orti botanici, i Casoni a Caorle (in cui Pasolini girò alcune scene della sua Medea), l’Arena di Verona e molto altro ce n’è per tutti i gusti».

Una scoperta inaspettata mentre giravi questa seconda stagione?
«Anche qui si potrebbe aprire un capitolo molto lungo di questa nostra conversazione. Girare questi episodi tascabili di natura divulgativa è in primis una straordinaria occasione per me per tornare a fare ricerca: leggere, studiare, approfondire, scoprire. Ciò che si vede è il prodotto finale ma per un episodio di una decina di minuti ci sono almeno 3 ore di riprese, una giornata intera presso la cosiddetta location e giorni e giorni di preparazione, prendere contatti, leggere libri ed articoli. E c’è sempre la speranza nel bel tempo: questo maggio imprevedibile e piovoso ha reso questa seconda stagione una partita a scacchi con la dea Fortuna e Febo».

Cosa ti porti a casa dopo queste esperienze nelle giornate di riprese?
«Un tesoro sconfinato che è difficile esprimere a parole. Grazie a questo progetto ho avuto l’opportunità di riempire i miei occhi di bellezza, di conoscere persone straordinarie che dedicano la loro vita a preservare una parte del nostro patrimonio che appartiene all’umanità. Persone che mi hanno aperto le porte delle loro case, luoghi a dir poco incantati, ed è sempre stata un’occasione per ripensare a chi siamo. Senza il nostro passato non siamo in grado di decifrare il presente e siamo incapaci di progettare il nostro futuro. Su tutti, nel mio animo barocco irrorato di sensibilità pre-romantica, regna il principio del Bello, numinoso e concreto, fatto di natura, affreschi, colonnati, artisti (spesso ignoti) e persone. Un grande fotografo ebbe a dire “those who seek Beauty will find it”. Era Bill Cunningham. E questa è la quête che porto dentro di me, ogni singolo giorno, nella speranza di poter condividere con il pubblico un pizzico delle emozioni che si provano quando si visitano certi luoghi, si ammirano certe opere d’arte, si incontrano e conoscono le storie degli uomini, del loro ingegno e della loro creativa umanità».

[“Wish you were here. Dante 700 + Venetian Villas” sarà disponibile ogni venerdì di giugno per 4 puntate a partire dal 4 giugno p.v. sul canale YouTube di Villa Charities]

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