Ontario

Come la terza ondata della pandemia
sta facendo traballare il governo Ford

TORONTO – La terza ondata della pandemia ha messo a nudo la fragilità del governo provinciale. Nelle ultime due settimane sono emerse tutte quelle criticità e quelle contraddizioni di fondo che durante la prima e la seconda ondata erano state parzialmente nascoste dalla decisione – saggia, possiamo dire a questo punto – da parte di Doug Ford di affidarsi completamente al parere della cabina di regia sanitaria nell’attivazione di restrizioni, misure e lockdown.

A partire da gennaio l’insofferenza dei medici in prima linea, delle associazioni ospedaliere, degli infermieri e dei virologi più autorevoli è cresciuta di pari passo agli imbarazzi dell’esecutivo, alle decisioni prese di pancia e cambiate nel giro di poche ore o giorni, di fronte alle misure contraddittorie che smentivano quanto era stato approvato poco prima.

A esasperare la situazione, sono arrivati i dati della curva epidemiologica che per molte settimane è stata fuori controllo, i numeri impressionanti dei ricoveri in terapia intensiva che hanno portato alla cancellazione sine die di tutte le operazioni chirurgiche non essenziali e al trasporto dei pazienti degli ospedali negli hotspot dell’Ontario in altre aree della provincia meno colpite dal Covid.

Il rapporto presentato ieri dall’Auditor General Bonnie Lysyk cristallizza un campionario di errori, negligenze, superficialità e incompetenza da parte del governo provinciale che lasciano davvero basiti. È evidente che non abbiamo imparato nulla dall’epidemia di Sars del 2003, così come non abbiamo fatto tesoro della lezione della prima e della seconda ondata di Covid-19.

Ecco allora che di fronte all’evidente inadeguatezza dell’attuale esecutivo provinciale, con i sondaggi che registrano il crollo del consenso verso il premier conservatore, il governo si rifugia nella vecchia, obsoleta, totalmente inutile politica-spettacolo della photo-opp, dell’immagine da consumare e digerire facilmente, neanche fossimo in campagna elettorale e non nel bel mezzo della peggiore pandemia degli ultimi cent’anni.

E così ci commuoviamo per l’arrivo di 3 medici e 6 infermieri dal Newfoundland e Labrador – ricordiamo che secondo le associazioni ospedaliere dell’Ontario le carenze di operatori sanitarie sono a quota 600 – e applaudiamo l’efficienza delle cliniche provvisorie aperte in fretta e in furia negli hotspot, dimenticandoci che queste strutture dispongono di limitatissime dosi: quella aperta ieri all’Albion Arena, a North York, ne ha somministrate appena 2.500, una goccia nell’oceano rispetto alle esigenze attuali.

E andando avanti, abbiamo un premier che si fa iniettare il vaccino AstraZeneca per vincere la reticenza dell’opinione pubblica che ha ormai classificato il siero prodotto dal consorzio anglo-svedese come vaccino di Serie B, ma mettiamo in secondo piano le inefficienze logistico-organizzative che hanno portato le giacenze dei vaccini a disposizione a superare il milione di dosi fino alla scorsa settimana.

Sulla scuola – con la chiusura, la riapertura, la nuova chiusura, la promessa del ritorno in classe poi smentita dopo poche ore – meglio stendere un velo pietoso. Le conseguenze per gli studenti, che in sostanza hanno perso due anni accademici, saranno devastanti, soprattutto a lungo termine.

A questo punto, resta da capire di cosa ha veramente bisogno l’Ontario. In questa fase critica, la provincia ha bisogno di un governo che ritorni ad ascoltare le autorità sanitarie, di un esecutivo che non cambi idea un giorno sì e l’altro pure, di un premier che metta da parte la politichetta cabaret degli annunci e ritorni ad affrontare in modo pragmatico la doppia crisi – sanitaria ed economica provocata dal Covid.

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