TORONTO – Vi chiedete cosa è successo in quel tanto sbandierato pranzo/cena a Mar-a-Lago il 30 novembre 2024, quando i “compagni d’armi”, Trudeau e Trump, hanno mangiato e bevuto a loro piacimento, e hanno giurato la loro “amicizia e fratellanza” davanti a tutti?
Poco dopo, gli attacchi di Trump al Canada (direttamente e per procura) sono diventati sempre più pesanti; la calunnia e la diffamazione dirette alla sovranità canadese, al carattere e all’utilità della nostra leadership, alla funzionalità delle nostre istituzioni in relazione alla sicurezza pubblica, alla preparazione militare, alla probità fiscale e giuridica scorrevano come le cascate del Niagara. È peggiorato di giorno in giorno, no, di ora in ora.
A metà dicembre Trudeau si è ritrovato in una situazione fuori controllo. Un rimpasto di governo non ha fatto altro che peggiorare le cose. Le promesse trumpiane di tariffe pari al 25% su tutto ciò che va al Sud hanno minacciato la stabilità stessa della nostra economia. Il conseguente dibattito interno ha messo in luce la fragilità della nostra Confederazione.
All’inizio di gennaio, come per dimostrare il punto, Trudeau “ha gettato la spugna”, ha chiesto la proroga (l’equivalente politico della protezione dalla bancarotta) e si è dimesso da leader del suo partito – e da Primo Ministro – a partire dall’elezione di un sostituto prevista per il 9 marzo. Il “processo di leadership” ha attirato disprezzo da parte degli osservatori politici di ogni orientamento politico.
La Corte Federale ha riservato il 12-13 febbraio alla deliberazione sulla legittimità della proroga.
Nel frattempo, il Team Trump continua senza sosta gli attacchi al Canada visto come fonte primaria di immigrazione illegale (traffico di esseri umani), di distribuzione di farmaci mortali e di riciclaggio di denaro, e di “scaricamento gratuito” dei programmi di sicurezza militare americani. Chiedendo “unità” (aiuto) ai partiti di opposizione ed ai premier provinciali, Trudeau ha dato l’impressione di aver abbandonato la nave.
Si ha la sensazione che Trump si comporti come un “predatore del mercato intenzionato a smembrare il gregge”. La sua reazione alle “proteste” canadesi di forza è stata il tipico modello di business che inizia con “permettimi di ricomprarti” (minimizzare le tue perdite; se non compriamo, a chi venderai?) o perché non compriamo [ridefiniamo] la partnership (diventando il 51esimo Stato)?
Ora che la “promessa e minaccia” della tariffa/tassa del 25% sui canadesi è stata stabilita e fissata (a partire da sabato 1 febbraio), la spavalda risposta di Trudeau sembra solo esacerbare il danno per il pubblico consumatore/contribuente. Troppo poco, troppo tardi.
La risposta di Trump, per parafrasare, se pensi che il 25% sia negativo, aspetta finché non provi a reagire. Sembra aver afferrato il concetto che, da un punto di vista costituzionale, il Canada è privo di qualsiasi autorità giurisdizionale fino a quando il governo federale non si rinnoverà, sia attraverso la decisione della Corte Federale a seguito dell’udienza del 12-15 febbraio, sia attraverso le elezioni che, in ogni caso avranno luogo poco dopo la riapertura della Camera dopo l’uscita dalla “protezione dal fallimento” il 24 marzo.
Forse tutta quella gioia col vino e il pranzo non rappresentava la realtà.
Nella foto in alto, Trudeau e Trump in un’immagine scattata il 12 Febbraio 2017 alla Casa Bianca dal fotografo del PMO, Adam Scotti (www.pm.gc.ca); qui sotto, la cena a Mar-a-Lago (foto dalla pagina Twitter X di Justin Trudeau)