Il Commento

Stop allo scambio di idee:
la parola passa al tribunale

TORONTO – È risaputo che non ha più senso parlare se le proprie opinioni possono essere risolte solo dinanzi ad un tribunale. In tal caso, l’ideologia viene misurata e quantificata in termini di diritti e denaro/costo. A quel punto non si tratta più di uno scambio di idee e di punti di vista.

Gli educatori cattolici, ad esempio, vengono messi sulla difensiva da coloro che ora argomentano che le istituzioni finanziate dal fondo pubblico non hanno il diritto di proteggere o promuovere l’essenza stessa del loro essere, ossia la religione. In altre parole, il diritto che hai guadagnato, pagato e continui a pagare, può essere ritirato da qualcuno con una voce più forte – solo perché… beh, per essere schietti, solo perché non sono d’accordo con, o hanno un’antipatia innata per, il costrutto sociale in cui uno desidera crescere i propri figli.

I “difensori” (mosci) di quel costrutto dovrebbero trovar coraggio nel fatto che tale diritto è sancito dalla Costituzione, la legge suprema del Paese.

È riconosciuto dalla Carta dei diritti e delle libertà e codificato nella legge sull’istruzione, ripetuta nei memorandum d’intesa che il procuratore generale inserisce come parte di qualsiasi legislazione che istituisce un’autorità cadetta. È inoltre riconosciuto e rispettato dal Codice dei Diritti Umani, che fra altro, non sostituirà i diritti dei cittadini cattolici ai sensi delle leggi di cui sopra.

Inoltre, senza entrare nei dettagli delle formule di finanziamento, i genitori cattolici possono (e lo fanno) destinare le loro tasse di proprietà per finanziare le scuole cattoliche, quelle basate sulla fede. In altre parole, non hanno bisogno di scusarsi per come e dove spendono i loro soldi.

Nonostante queste protezioni, devono ancora essere vigili su due fronti.

In primo luogo, chi è/sono il messaggero(i) dell’etica cattolica che sostiene e giustifica l’esistenza del sistema educativo; ad esempio, quel messaggio/messaggero è coerente con la posizione della Chiesa proclamata ex-cattedra? Ricordate, la fede è volontaria: se non siete d’accordo con l’interpretazione della Chiesa sui princìpi religiosi fondamentali, “potete uscirvene”.

Non dovrebbe essere uno shock per i fiduciari del consiglio scolastico cattolico che la voce autorevole per questi princìpi non sia né il Consiglio comunale né, di fatto, il provveditorato locale, né gli attivisti radicali su Twitter. I trustees prestano ogni anno un giuramento di fedeltà a quel magistero, il vescovo locale.

A meno che non credano, naturalmente, che lo spergiuro sia un modus operandi accettabile, una condizione per mantenere l’incarico è il rispetto del messaggio e del messaggero.

Altrimenti, perché cercare quella carica eletta?

In secondo luogo, i genitori cattolici, come del resto tutti i contribuenti, devono chiedere ai loro fiduciari ed al personale di rendere conto della gestione delle risorse assegnate alla componente didattica (e ai relativi beni patrimoniali necessari) dello sviluppo delle competenze dei loro figli.

Quei trustee non possono vagare nell’agenda meschina e personale a spese del consiglio scolastico (cioè i genitori). Se incorrono in spese legali, nei loro voli di fantasia, ne paghino le conseguenze.

Sfortunatamente, diversi trustee del TCDSB si sono ficcati, e   con loro – potenzialmente – anche il consiglio amministrativo, in un problema giuridico. Il TCDSB si trova di fronte alla difesa di una domanda di Revisione Giudiziaria derivante da una serie di decisioni di governance, prese dai suoi fiduciari, decisioni che hanno interrotto la consegna stabile sia della componente cattolica che delle competenze del suo mandato. Gli eventuali costi per il TCDSB potrebbero raggiungere decine di milioni di dollari.

Inoltre, la condotta di quegli stessi fiduciari ha già attirato cause legali per un totale di decine di milioni di dollari da parte di contribuenti e agenzie di stampa per diffamazione percepita ed altri torti, per aver influenzato interruzione di attività commerciali.

Questa settimana, il TCDSB deciderà se assumersi o meno le spese legali – e con esse la responsabilità aziendale – per le azioni di pochi trustee.

E pensare che il loro unico compito è quello di curarsi dei nostri figli.

Inoltre, la scorsa settimana, le dichiarazioni del Papa sulle questioni relative all’identità di genere hanno messo gli amministratori dalla parte contraria del diritto canonico e dei valori cattolici. Questa settimana, l’attenzione inizierà a spostarsi verso la misura in cui potrebbero offendere il diritto laico e i tribunali del Paese. Ironicamente, se partecipino alla discussione o alla votazione sulla questione, saranno in conflitto di interessi.

Quali genitori dovrebbero pagare per il loro “diritto” di farlo?

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