TORONTO – Strada ancora in salita per Justin Trudeau ed Erin O’Toole, a pochi giorni dalla riapertura del parlamento federale. Il primo ministro è impegnato oggi nel vertice dei Leaders del North America – o summit dei Tre Amigos, come ormai è entrato nel gergo comune – a Washington con il presidente americano Joe Biden e con la controparte messicana Andrés Manuel López Obrador, mentre il leader conservatore deve fare i conti con la ribellione interna che punta al cambio della guida del Partito Conservatore.
Il leader liberale è l’unico “sopravvissuto” dall’ultimo vertice dei Tre Amigos, che si svolse nell’estate del 2016 a Ottawa: sono passati cinque anni ma sembra che siano trascorsi secoli, con un mondo pre Covid e con gli Stati Uniti guidati da Barack Obama. Con il cambio dell’inquilino alla Casa Bianca anche il summit tra i tre leader nordamericani venne messo da parte, lasciando il posto a un durissimo e logorante negoziato per il rinnovo del Nafta – il trattato di libero scambio in Nord America – e con un progressivo deterioramento dei rapporti tra Ottawa e Washington a causa dell’approccio unilaterale di Donald Trump e alle crescenti spinte protezionistiche che premevano a Sud del confine.
Ebbene, nonostante gli Stati Uniti si siano dati una nuova presidenza, le ruggini degli ultimi cinque anni sono ancora presenti. Il nuovo presidente Biden, pur avendo decretato un cambiamento a 360 gradi in buona parte delle politiche americane, ha proseguito sull’approccio del “Buy American“ e “America First” inaugurato dal suo predecessore e questo attraverso una lunga serie di incentivi, sgravi fiscali e sussidi statali a favore dei prodotti Made in Usa. E sarà quindi questo uno dei temi in discussione oggi a Washington, visto anche che Canada, Stati Uniti e Messico stanno ricalibrando le relazioni commerciali dall’entrata in vigore dell’Umsca – il nuovo Nafta – che in teoria dovrebbe creare un mercato libero per quasi tutti i beni prodotti in Nord America.
Altro nodo da sciogliere è quello energetico, con il sostanziale stop voluto dallo stesso Biden all’estensione dell’oleodotto Keystone XL che porterà all’Alberta e quindi al Canada danni per miliardi di dollari.
Insomma, il summit di Washington non sarà solamente una photo opp per il primo ministro, ma un primo passo verso la normalizzazione dei rapporti con gli Usa e la possibile risoluzione di problemi che pesano enormemente in Canada.
Tornando a Ottawa, il capo dell’opposizione ha le sue magagne in vista del riavvio dei lavori parlamentari dopo il voto del 20 settembre. Mentre continua ad essere incerto il numero dei deputati conservatori che non si sono vaccinati – e che quindi dovranno lavorare da remoto e non potranno entrare alla House of Commons – O’Toole continua a dover fare i conti con la ribellione interna che chiede il passo indietro del segretario tory e un uomo nuovo al comando.
O’Toole ha deciso di mettere da parte i toni concilianti e ha optato per il pugno duro contro l’opposizione interna. La senatrice Denise Batters, artefice della petizione online con la quale viene chiesta la testa del leader conservatore, è stata sbattuta fuori dal gruppo parlamentare: una mossa inaspettata, che indica l’intenzione del capo dell’opposizione di soffocare il dissenso interno con ogni mezzo.
“Come leader del Partito Conservatore del Canada – ha dichiarato lo stesso O’Toole – un’operazione individuale volta a denigrarmi e che mostra una chiara mancanza di rispetto verso gli sforzi dell’intero caucus conservatore che si oppone al corrotto e disastroso governo Trudeau”.
Il segnale è abbastanza chiaro: chiunque deciderà di appoggiare la petizione sarà tolto dalla cabina di regia del partito. Ma contemporaneamente il malcontento strisciante verso il leader continua ad essere presente: i ribelli imputano a O’Toole la piena responsabilità per la pesante sconfitta subita alle urne il 20 settembre e ritengono che sia il momento giusto per eleggere un nuovo leader.
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