TORONTO – Questa era una famosa frase di uno spot televisivo, diversi decenni fa, progettata per esaltare le qualità “uniche” di un tè presumibilmente prodotto e venduto solo in Canada. L’annuncio era molto ben fatto, se ricordo, evocando immagini e commenti di presunti “esperti bevitori di tè” – inglesi – il cui unico commento era sempre una malinconica domanda retorica che indicava dove si poteva acquistare questo pregiato prodotto. In casa nostra, si beveva la camomilla.
Pensateci considerando che le emittenti del paese si affrettavano a individuare “esperti” e “docenti esperti” per speculare sulle potenziali conseguenze della goffa gestione del previsto passaggio di consegne del ministero delle Finanze ad un individuo mai eletto, del settore privato. E pazienza.
Proprio quel giorno, gli aventi diritto al voto di una circoscrizione elettorale (“constituents” – è una parola di gran uso in questi giorni per nascondere punti di vista personali) nel Lower Mainland della Columbia Britannica, vicino al confine americano, non troppo lontano dalle spiagge di Tofino, decisero di boicottare il processo democratico. Solo il 16,7% dei 92.601 elettori ha votato. Donald Trump, colui che sembra sul punto di distruggere il nostro paese – il proverbiale “barbaro alle porte” – deve rotolare nei corridoi dalle risate.
Altri numeri elettorali dipingono un quadro ancora più cupo per un collegio elettorale precedentemente rappresentato da un liberale. Solo il 2,8% degli elettori lo ha fatto questa volta; pero’ meglio del 2,0% dell’NDP, il cui leader rappresenta un collegio elettorale vicino.
I conservatori hanno appena sbaragliato la loro opposizione, ricevendo un clamoroso 10,8% dei consensi. Che cos’è tutto questo trambusto?
Abbiamo sprecato le ultime 72 ore con scenari di personalità pessimisti per mascherare le questioni fattuali e la nostra mancanza di vigore e determinazione nell’affrontarle. Non siamo nemmeno molto abili nel diagnosticare ciò che al mondo esterno sembra ovvio.
La struttura del partito sembra incapace di affrontare le minacce esistenziali, come la conversione del nostro sistema bancario in veicoli per il riciclaggio di denaro a livello globale (si veda la multa di 4,1 miliardi di dollari imposta dagli Stati Uniti contro una delle nostre banche).
Le improvvise dimissioni di Chrystia Freeland dal gabinetto sono state una dichiarazione di sfiducia nella concentrazione del potere conferito al leader del suo partito.
Solo quattro parlamentari liberali in carica sono stati eletti prima che Trudeau venisse a Ottawa.
Gli altri devono il loro posto a lui, lui è il Partito. Ora, non più. O cosi’ sembra.
La sua partenza ha suscitato una critica alla disfunzionalità di alcune tradizionali osservanze delle procedure parlamentari volte a garantire pratiche etiche nella governance ai più alti livelli (come il rispetto obbligatorio dell’introduzione di “money bills” – il bilancio – alla Camera). Il Parlamento non può funzionare se il governo non obbedisce alle regole.
Una terza conseguenza della decisione di Freeland deriva dalla riunione casuale dei Premier per elaborare strategie su come affrontare l’imminente “minaccia” americana.
Sono loro che emergono come l’unica voce legittima per il Canada. Solo che la nostra Confederazione non era mai stata concepita per farlo.
Si tratta di un’altra discussione, ma dopo che tutti i “poteri giurisdizionali” sono stati esercitati, i residui sono attribuiti all’autorità federale e non alle province. Il nostro paese non può sopravvivere in un ambiente in cui “ognuno pensa a se stesso”.
Dov’è quella Camomilla?