Toronto

Protesta pro Palestina, salta il ricevimento per la Meloni

TORONTO – Una manifestazione pro Gaza ha fatto saltare un ricevimento organizzato a Toronto da Justin Trudeau per Giorgia Meloni.

L’evento – in programma sabato pomeriggio all’Art Gallery of Ontario – doveva essere l’ultimo appuntamento della visita lampo della presidente del Consiglio, iniziata in tarda mattinata con un incontro bilaterale con il primo ministro canadese nel quale i due leader hanno siglato un accordo di partnership per rafforzare le relazioni tra Canada e Italia. La manifestazione di protesta, alla quale hanno preso parte non più di 300 persone – seconda la polizia, dai 200 ai 300 manifestanti – è stata molto rumorosa ma del tutto pacifica, con qualche saltuario attimo di tensione. Alcuni tra gli invitati – ministri provinciali e federali, insieme a numerosi esponenti della comunità italocanadese – sono riusciti ad entrare dentro l’AGO prima che scattasse il lockdown, mentre molti altri sono rimasti fuori: a scopo cautelativo, i due primi ministri hanno rinunciato alla partecipazione all’evento.

La cronaca. Nelle intenzioni degli organizzatori, il ricevimento sarebbe dovuto iniziare intorno alle 6 di pomeriggio, con la presenza della Meloni e di Trudeau. Già intorno alle 5pm uno sparuto gruppo di manifestanti si piazza davanti all’ingresso principale dell’AGO su Dundas Street. Iniziano i canti e gli slogan contro le operazioni militari israeliane in Palestina, il tutto sotto l’occhio vigile di alcuni poliziotti. In questo momento gli invitati possono entrare, accolti dai fischi dei manifestanti. Poi, nel giro di pochi minuti, la situazione precipita. Il gruppo dei manifestanti diventa sempre più numeroso, l’entrata principale della galleria diventa off-limits: chi partecipa alla protesta blocca le porte, non si può più passare.

Ecco allora che la polizia crea un mini cordone davanti all’entrata laterale su McCaul Street, per permettere l’ingresso di altri invitati rimasti fuori. Ma evidentemente i manifestanti si dimostrano molto più organizzati delle forze dell’ordine: aumenta la pressione sull’ingresso laterale, che alla fine viene chiuso. Si cerca quindi un’alternativa.

Sul lato sinistro dell’AGO, quello che dà su Beverly Street, alcuni agenti in borghese dell’RCMP si piazzano davanti una piccola porta d’accesso. Arriva il ministro federale Filomena Tassi, ma un gruppetto di manifestanti la riconosce e occupa con tanto di striscioni, la corsia di ingresso. A questo punto, tutte le entrate della galleria, compresa quella a Sud che di solito viene utilizzata come uscita di sicurezza, sono presidiate dai manifestanti, che continuano a urlare slogan pro Palestina.

Poco prima delle 6pm, sempre su Beverly Street, arriva il ministro per lo Sviluppo Internazionale Ahmed Hussen: scende da un’auto e da solo si dirige verso l’ingresso principale. Scoppia il putiferio, la tensione è alle stelle: forse questo è l’unico momento in cui la manifestazione da pacifica rischia di diventare violenta. Una decina di poliziotti circonda il ministro, mentre numerosi manifestanti cercano di avvicinarsi ad Hussen, urlandogli “traditore”, accusandolo di essere “complice di chi sta commettendo un genocidio”. La polizia è molto brava ad impedire che la situazione degeneri: viene creato un cordone di protezione senza usare le maniere forti, Hussen viene scortato su Dundas oltre Beverly e portato al riparo.

Nel frattempo, i responsabili della sicurezza scelgono la strada delle prudenza e ordinano il lockdown dell’AGO. “Da questo momento non si entra e non si esce”, ci conferma intorno alle 6.30pm Rebecca Scano, addetta stampa dell’Ambasciata italiana a Ottawa che si trova nella Art Gallery in attesa dell’arrivo della presidente del Consiglio.

Con il passare dei minuti aumenta sensibilmente il numero dei poliziotti attorno all’AGO, alcuni in tenuta anti sommossa, ma la manifestazione continua ad essere pacifica. Ma appare chiaro che i manifestanti hanno raggiunto il loro obiettivo: una buona metà degli invitati, compresi anche numerosi giornalisti, non sono riusciti ad entrare al ricevimento, mentre ci si inizia a chiedere se effettivamente i due primi ministri arriveranno e se sì, come faranno ad entrare senza una carica decisa della polizia. Continua quindi questa situazione di stallo fino alle 7.40pm, quando viene confermato che Trudeau e Meloni non parteciperanno al ricevimento per motivi di sicurezza. Una voce, ufficiosa e poi ufficiale, che incredibilmente arriva prima ai manifestanti che agli ospiti barricati dentro l’AGO.

La protesta si sgonfia, alcuni invitati riescono ad uscire dalle entrate laterali: a partire dalle 8.10pm gli invitati possono tranquillamente uscire dall’ingresso principale su Dundas, dove rimane a presidio un drappello di non più di 15-20 manifestanti. Tra questi Abed, che accenna qualche parola in italiano – “mio padre ha lavorato a Brescia per qualche anno’’ – e che decide di rimanere fino alla fine. “Siamo qui – ci racconta – per manifestare il nostro disappunto verso i primi ministri Trudeau e Meloni per il loro sostegno ad Israele nel genocidio che stanno compiendo a Gaza’’. Gli confermiamo che i due leader proprio per la protesta hanno deciso di disertare l’evento. “Allora abbiamo vinto!” ci dice sorridente. Sì, oggi hanno vinto.

A perdere è stato chi ha organizzato un evento sottovalutando i rischi del caso, esponendo il Canada a una figuraccia internazionale, chi non è stato in grado di gestire una protesta paragonabile – per numero di manifestanti e rischi concreti di violenza – a una normale marcia studentesca in Italia.

Nella foto in alto, la protesta davanti all’ingresso principale dell’AGO su Dundas Street (foto: Corriere Canadese); qui sotto, foto e video esclusivi della protesta all’AGO

ESCLUSIVO – I video e le foto della protesta che ha fatto saltare il ricevimento Meloni-Trudeau

 

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