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Plusvalenze: l’Abc
di una pratica distorta

TORONTO – Il bubbone delle plusvalenze è scoppiato in questi giorni con l’indagine a carico della dirigenza della Juventus. Un’inchiesta, quella avviata dalla Procura di Torino, che potrebbe allargarsi a macchia d’olio a molti altri club di Serie A e di Serie B e che potrebbe, ancora una volta, portare come nel 2006 a pene esemplari da parte della Giustizia Sportiva. Si tratta di una vicenda abbastanza ingarbugliata e cercheremo di spiegarla nel modo più semplice possibile.

Plusvalenza reale e plusvalenza fittizia. Innanzitutto dobbiamo partire dall’Abc: cos’è una plusvalenza? In ambito calcistico ne esistono varie tipologie, ma per capire quello che sta succedendo ne prenderemo in esame essenzialmente due. La prima è quella classica: una squadra acquista un giocatore a 5 milioni di euro, l’anno successivo lo rivende a 10 e realizza una plusvalenza di 5 milioni di euro (differenza tra valore di acquisto e valore di cessione). Nella realtà la questione è più complessa, perché nel calcolare la plusvalenza (o a volte la minusvalenza) si dovrebbe tenere conto degli anni di contratto del calciatore: ma per ora rimaniamo sulle cose semplici e fermiamoci qui.

La seconda tipologia di plusvalenza, quella contestata alla Juve – per un totale di 282 milioni di euro – e quella che venne contestata a Inter e Milan nel 2008 – con un’inchiesta che poi venne archiviata – è totalmente diversa ed è più che altro un’alchimia contabile usata per mettere a posto i bilanci.
Come funziona la plusvalenza fittizia? Due società si scambiano i giocatori gonfiandone la valutazione. Un esempio potrebbe essere quello dello scambio Pjanic-Arthur tra Juve e Barcellona avvenuto nel 2020: il bosniaco va in Spagna per 60 milioni, il brasiliano diventa bianconero per 72 milioni. Ma come ci avrebbe guadagnato la Juve, visto che il saldo è di 12 milioni in negativo? È presto detto: nei bilanci delle società sportive le entrate vengono contabilizzate immediatamente – quindi viene realizzato un guadagno di 60 milioni – mentre le spese sono spalmate lungo la durata del contratto. Arthur firmò un quinquennale, quindi a bilancio i 72 milioni di spesa sono stati divisi in cinque anni a 14,4 milioni all’anno. In definitiva, con quello scambio nel 2020 la Juve registrò a bilancio una plusvalenza di 45,6 milioni di euro. Le indagini ora sarebbero focalizzate su 41 operazioni di mercato simili.

I giovani, una miniera d’oro. C’è poi un altro capitolo, che riguarda le plusvalenze relative ai giocatori giovani, calciatori che oggettivamente hanno un valore di mercato ancora molto basso e che invece vengono scambiati per diversi milioni: Rovella dal Genoa alla Juve per 18 milioni, Portanova dalla Juve al Genoa per 10 milioni, Petrelli dalla Juve al Genoa per 8 milioni. E che dire di Aké che va dal Marsiglia alla Juve per 8 milioni e contemporaneamente Tongya che dalla Juve passa al Marsiglia per – guarda a caso – 8 milioni?

Il nodo: chi decide il valore di un calciatore? Ora, questo non vuole essere un articolo di condanna verso la Juventus, sulla quale dovranno decidere gli organi competenti. Come abbiamo accennato, la pratica delle plusvalenze fittizie è ben diffusa in tutta la Serie A e molto spesso viene utilizzata per mettere a posto i bilanci che traballano.

Il problema in sostanza è sempre lo stesso: come si fa a calcolare oggettivamente il valore di un determinato calciatore? Nel calcio, come in economia in generale, il prezzo di un bene viene determinato dal mercato, e quindi non esiste uno strumento preciso e inappellabile.

Per noi Mbappé vale 200 milioni di euro, per altri il campione francese ne vale 150, per altri ancora non supera i 100: chi ha ragione? Tutti e nessuno: la risposta la potrà dare solamente un’eventuale offerta da parte di un acquirente che venga poi accettata dal PSG. Quella cifra sarà il valore di Mbappé, il resto saranno solo discorsi da bar.

Ed è su questo punto che l’inchiesta potrebbe trovare delle difficoltà, come accadde nel 2008 con l’Inter e il Milan, quando venne alla luce una scambio di giovani un po’ troppo allegro, con iper valutazioni da parte di entrambe, ma senza che la Procura fosse in grado di dimostrare il dolo.

La strana vicenda dell’interista Pinamonti. Una vicenda paradigmatica, che però non è entrata in questa inchiesta, è quella legata ad Andrea Pinamonti, 22enne cresciuto nelle giovanili dell’Inter e che dopo un lungo peregrinare è tornato alla base. Ma cosa è successo? Dopo la classica gavetta nelle giovanili nerazzurre, nel 2018 viene prestato gratuitamente al Frosinone. L’anno successivo viene girato in prestito al Genoa per 500mila euro e a fine campionato torna all’Inter. Fin qui nulla di strano, ma poi la vicenda cambia. Prima dell’inizio della stagione 2020-2021 il Genoa paga 19,5 milioni di euro per il suo cartellino e dopo 18 giorni l’Inter lo ricompra a 21 milioni di euro: la differenza è di 1,5 milioni di euro, ma entrambe le società possono mettere a bilancio plusvalenze elevatissime. L’Inter negli anni precedenti fu protagonista di trasferimenti simili con il portiere Ionut Radu, l’attaccante Eddy Salcedo e il difensore Nicholas Rizzo. Nel 2018 il Genoa comprò dall’Inter per 6 milioni Federico Valietti, giovane esterno che per il sito Transfermarkt aveva un valore di mercato pari a 250.000 euro e che, dopo il suo arrivo in Liguria, venne girato in prestito prima al Crotone e poi alla Carrarese senza vedere quasi mai il campo.

In Serie A di esempi di questo tipo ne troviamo a decine, anno dopo anno, con molte squadre coinvolte. Anche se l’eventuale difesa della Juve sulla falsariga del “così fan tutte” difficilmente porterebbe a qualche risultato, visto anche come andò a finire la vicenda di Calciopoli.

Certamente, se si vuole fare chiarezza, bisognerebbe allargare le indagini a 360 gradi per estirpare questa alchimia contabile che magicamente mette a posto i bilanci ma che, allo stesso tempo, calpesta e bypassa le regole che dovrebbero essere rispettate da tutti.

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