TORONTO – L’autore italiano e napoletano Luciano De Crescenzo una volta disse che il suo concetto di Napoli è che “non è solo una città ma una componente dell’animo umano che so di poter trovare in tutte le persone, siano esse napoletane o no”. Ma a parte cercare di sciogliere il nodo gordiano o scoccare una freccia attraverso i fori di dodici teste di ascia, non riesco a pensare a un compito più disperato che cercare di definire lo spirito napoletano. Questo ovviamente non ha impedito al regista italiano Paolo Sorrentino di provarci con il suo ultimo film Parthenope, che lui definisce un film sulla “giovinezza perduta”.
A maggio [al Festival di Cannes], il decimo film di Sorrentino, Parthenope, ha scatenato una guerra di offerte di 48 ore per i diritti di distribuzione in Europa e Nord America, che sono stati infine assicurati dall’italiana PiperFilm, dalla francese Pathé e da A24, il gigante della distribuzione con sede a Manhattan. Nominato per la Palma d’oro di quest’anno, Parthenope è uscito di recente in Italia il 24 ottobre, e da allora ha incassato oltre 7 milioni di dollari al botteghino locale, in sole quattro settimane. Un record personale per il regista in termini di ritorni italiani.
Il personaggio principale Parthenope, nato nel mare di Napoli nel 1950, cerca la felicità durante le lunghe estati della sua giovinezza, innamorandosi della sua città natale e dei suoi numerosi personaggi memorabili, come da sinossi ufficiale. Tuttavia, le immagini stuzzicanti del trailer, appena pubblicate online da A24, rivelano senza ombra di dubbio cosa il pubblico può aspettarsi quando il film arriverà nei cinema l’anno prossimo, il 7 febbraio. In breve: una donna crea scompiglio con la sua bellezza.
L’attrice relativamente sconosciuta e emergente Celeste Dalla Porta, interpreta la giovane incantatrice o come Sorrentino preferirebbe che fosse chiamata, la Sirena della storia. Il marketing del film suggerisce un’inclinazione mitologica o fantastica per il suo personaggio, anche se con ogni probabilità Sorrentino ha mantenuto ambigua la sua vera natura. Il film non solo prende il titolo dal personaggio principale, ma è anche preso in prestito dalla mitologia della fondazione di Napoli.
Per coloro che non hanno familiarità con i racconti di Ulisse, egli era il re di Itaca il cui viaggio di ritorno [da Troia] era irto di ostacoli che sfidavano la morte, per lo più istigati da Poseidone che si era arrabbiato per l’accecamento di suo figlio Polifemo (il Ciclope). Lungo la strada, bellissime ninfe marine o Sirene che attiravano gli uomini con canti ammalianti tentarono Ulisse e i suoi uomini. Una di queste Sirene si chiamava Partenope, il cui canto non ebbe alcun effetto sull’impenetrabile Re. Il rifiuto e il suo fallimento nel sedurre Ulisse causarono un dolore irreparabile e il suo eventuale suicidio. Le onde trasportarono il suo corpo nel Golfo di Napoli su una piccola isola. Mentre il suo corpo si dissolveva, prese la forma della città di Napoli.
Così presumibilmente nata dalla passione dell’amore e della perdita, Napoli rimane agrodolce, annodata e aggrovigliata dalla sua bellezza estetica e dalle sue mura in rovina, una città che incarna essa stessa il richiamo della Sirena. Quel segreto “ingrediente dello spirito umano”, che catturò De Crescenzo, è forse Sorrentino a rivelarlo, attraverso Parthenope: un’interpretazione moderna del mito greco.
Il dipinto “Ulisse e le sirene” di Herbert James Draper e la locandina di Pathenope per gentile concessione di Pathe e A24 films
Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix