Ontario

Ontario verso il voto, i partiti provinciali scaldano i motori

TORONTO – Parte il conto alla rovescia per il voto provinciale. Tra un mese esatto, il prossimo 27 febbraio, gli elettori in Ontario saranno chiamati a decidere a chi affidare la guida della Provincia in una congiuntura politica ed economica che si preannuncia estremamente incerta e travagliata, con la minaccia dei dazi doganali alle porte e con la percezione reale dello stato di resa totale dell’altro livello di governo, quello federale. Domani il premier Doug Ford si incontrerà con la vice governatrice Edith Dumont e, come prevede la prassi, le chiederà la fine anticipata di questa legislatura – che sarebbe dovuta durare fino al giugno del 2026 – per poter andare al voto.

Il secondo passo istituzionale sarà quindi fatto mercoledì, quando il leader del Progressive Conservative annuncerà il ritorno alle urne con un anno e mezzo di anticipo rispetto al previsto: la data per il voto è già certa, torneremo a votare il 27 febbraio.

Ford ha giustificato e continua a giustificare questa mossa con la necessità di ricevere “un forte mandato” da parte dell’elettorato dell’Ontario per poter far fronte ai dazi del 25 per cento voluti da Donald Trump che dovrebbero entrare in vigore l’1 febbraio.

La decisione del presidente americano di attuare questa svolta protezionistica avrà quasi sicuramente degli effetti devastanti sull’economia del Canada e in particolare su quella dell’Ontario che, nella peggiore delle ipotesi, ci porterebbe dritti verso una nuova recessione economica.

Ford, che in questo momento può già contare su una solida maggioranza parlamentare con 79 deputati su 124, ha intenzione di fare l’en plein, passare all’incasso alle urne e avere quindi mano libera per i prossimi quattro anni. D’altro canto l’ipotesi del voto anticipato in Ontario sta circolando già da molto tempo. Basta pensare che la scorsa estate, ben prima quindi della vittoria di Trump e della conseguente minaccia rappresentata dai dazi doganali, nelle stanze del potere quella delle elezioni anticipate in autunno o all’inizio del 2025 era l’ipotesi che godeva di maggiore credito. Ora per Ford – che chiaramente già da prima voleva tornare alle urne per disinnescare la potenziale crescita di consenso per la nuova leader liberale Bonnie Crombie – si è presentata l’occasione ghiotta di agganciare la sua volontà con la contingenza politica scaturita dalla vittoria alle presidenziali americane del tycoon newyorchese.

Contemporaneamente la mezza crisi di governo a livello federale che ha portato al prossimo passo indietro di Justin Trudeau dopo quasi 10 anni alla guida dell’esecutivo ha fornito a Ford la possibilità di prospettare la minaccia rappresentata da un governo federale dimezzato, senza reali poteri fino alla nomina del prossimo leader liberale, che avverrà dopo il voto provinciale, il 9 marzo prossimo.

Ma quali sono i rapporti di forza tra i partiti in corsa? Innanzitutto, per capire fino a che punto le formazioni politiche provinciali siano pronte all’appuntamento forzato alle urne, dobbiamo dare un’occhiata ai candidati ufficiali che sono stati nominati nelle 124 circoscrizioni dell’Ontario.

Neanche a dirlo, in questa speciale classifica si trova in testa il Progressive Conservative di Ford, con 88 candidati già registrati e numerosi altri in arrivo. Non più tardi di sabato il partito si è riunito in quello che lo stesso premier ha definitivo come “super caucus” nel quale sono stati consegnati i kit elettorali ai vari candidati. Il Partito Liberale fino a questo momento appena 46 candidati, mentre l’Ndp non va oltre le 39 nomine: siamo in alto mare e il tempo stringe.

Anche gettando uno sguardo sui sondaggi si capisce come, almeno ai nastri di partenza, sia davvero difficile ipotizzare un esito diverso dalla conquista di una netta maggioranza parlamentare per i conservatori il prossimo 27 febbraio. Per quello che riguarda le intenzioni di voto, il Progressive Conservative secondo 338canada.com/ontario/ si posiziona al 44 per cento, con un vantaggio abissale sui liberali – fermi al palo al 25 per cento – e sull’Ndp di Marit Styles, che scende al 20 per cento.

Ma è nella proiezione della distribuzione dei seggi che si capisce bene la distanza tra i partiti. In questo momento il Progressive Conservative è nettamente in testa in 99 distretti, l’Ndp in 13 e i liberali in appena 9, con il Green Party che dovrebbe riconquistare le due circoscrizione già vinte alle ultime elezioni.

Insomma, siamo di fronte a un vero e proprio percorso a ostacoli per i liberali e i neodemocratici, in un periodo in cui la popolarità di Ford non viene messa in discussione e con l’incertezza della situazione geopolitica che potrebbe suggerire all’elettorato di premiare il governo in carica.

Nella foto in alto, Doug Ford durante il caucus di sabato

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