Napoli-New York, una storia di Fellini mai raccontata
TORONTO – La quattordicesima edizione del festival cinematografico annuale dell’ICFF ha preso il via venerdì nel Distillery District di Toronto, con la proiezione all’aperto di Napoli-New York di Gabriele Salvatores. Il pubblico ha potuto assistere anche a un’intervista preregistrata con Salvatores e a una sessione di domande e risposte in diretta con uno degli attori del film, Omar Benson Miller. Sia l’attore che il regista hanno parlato con orgoglio del privilegio di aver partecipato a un film basato su un soggetto di 58 pagine di Federico Fellini.
In effetti, la storia del film è stata concepita e co-scritta da Fellini e dal suo allora collaboratore Tullio Pinelli, a metà degli anni ’40. Pinelli è famoso per aver co-sceneggiato La Strada, La Dolce Vita e 8 ½ di Fellini. Durante l’intervista dell’ICFF con Salvatores, il regista ha spiegato che il trattamento cinematografico di quasi 60 pagine (soggetto) è stato ritrovato negli archivi di Pinelli nel 2006 e successivamente pubblicato. I produttori Isabella Cocuzza e Arturo Paglia hanno poi acquisito i diritti di adattamento per il progetto di Salvatores.
Originariamente intitolato Napoli-New York, Fellini voleva raccontare la storia di un viaggio in America. Gli italiani afflitti dalla guerra della metà degli anni ’40, tuttavia, potrebbero aver avuto una percezione dell’America significativamente diversa rispetto ai registi di oggi. Salvatores ha ricordato nella sua intervista che Fellini non era ancora stato in America quando scrisse la storia, e molte delle sue descrizioni della società sembrano congetture.
L’adattamento di Salvatores racconta la storia di due bambini orfani, Carmine e Celestina, che raggiungono l’America come clandestini su una nave diretta a New York nel 1949. Dopo aver perso i genitori in un bombardamento, Celestina [sotto la guida di un Carmine scaltro] va alla ricerca della sorella maggiore che si è trasferita nella Grande Mela.
La storia ripercorre un capitolo difficile per gli italiani, sia in Italia che all’estero, e ricorda allo spettatore che molti americani consideravano ancora gli immigrati italiani come “nemici stranieri”, ben dopo che il Procuratore Generale degli Stati Uniti Francis Biddle aveva annunciato la rimozione delle restrizioni sui cittadini italiani. “Qui non serviamo italiani”, è ciò che Carmine e Celestina, affamati, si sentono dire quando entrano in una panetteria di Manhattan. Uno scenario fin troppo familiare che probabilmente è stato vissuto, in una certa misura, dai nostri genitori e/o nonni.
Ma mentre gli immigrati italiani appena arrivati dovevano subire maltrattamenti, il Piano Marshall, sponsorizzato dagli Stati Uniti, contribuì significativamente alla ripresa dell’Italia dalla devastazione del dopoguerra. Alla fine della guerra in Italia, il PIL pro capite era inferiore del 38% rispetto al valore registrato nel 1938. La produzione industriale era inferiore del 66%, principalmente a causa dei danni alle infrastrutture pubbliche. Inoltre, quasi il 70% delle strade e il 45% del sistema ferroviario erano inutilizzabili.
Salvatores, che si è aggiudicato gli Oscar con il suo film del 1991 Mediterraneo, che racconta la storia di un gruppo di soldati italiani che approdano sulle coste greche dopo l’affondamento della loro nave da parte degli Alleati, conferisce un fascino simile al suo adattamento felliniano. È un ricordo toccante ed emozionante del viaggio intrapreso dalla diaspora italiana e di come lo scambio culturale tra le due nazioni abbia contribuito a dare vita a un’epoca incredibile nella storia americana e mondiale.
(Immagini per gentile concessione di 01 Distribution)
Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix