Il Commento

Mancio, 120 milioni di (buoni) motivi personali

Prandelli è un giovane allenatore sulla rampa di lancio. Dopo le prime esperienze sulle panchine di Lecce, Verona e Venezia e l’exploit su quella del Parma, il tecnico viene ingaggiato dalla Roma. Ambizioso, innovatore – oggi verrebbe chiamato un “giochista” – Prandelli prende in mano le redini di una squadra che vuole sfidare i colossi milanesi e la Juve nel calcio italiano pre Calciopoli. Ma la sua avventura alla guida dei giallorossi non dura nemmeno due mesi: il 26 agosto, prima dell’inizio del campionato, si dimette “per motivi personali”. Alla moglie Manuela infatti viene diagnosticato un tumore e Prandelli decide di lasciare per potere stare al suo fianco. Nel 2005 poi riprende ad allenare, arrivando anche alla guida della Nazionale azzurra.

A quasi vent’anni di distanza i “motivi personali” sono stati la leva che hanno portato a un altro passo indietro eccellente, quello di Roberto Mancini.

Passate 48 ore dalle dimissioni choc che hanno scosso un intero Paese, non sappiamo ancora quali siano questi “motivi personali”. Mancano conferme, solo ipotesi, voci di corridoio, supposizioni.

Quella più insistente arriva dall’Arabia Saudita. Il Mancio, secondo la stampa locale, sarebbe pronto a siglare un ricco contratto triennale per guidare la Nazionale araba. Il compenso sarebbe di 40 milioni all’anno, per un totale di 120 milioni di euro, una cifra che lievita fino a 180 milioni di euro secondo altre fonti. Se fosse così, saremmo di fronte a davvero a un sacco di “motivi personali”. Magari un po’ diversi da quelli di Prandelli.

Certo, davanti a queste cifre è davvero difficile fare la morale, perché non c’è morale di fronte a una montagna di soldi di tale proporzione.

È vero, il Ct della Nazionale dovrebbe ricordarsi che quando siede su quella panchina rappresenta un intero Paese. La Patria, la Nazione, l’italianità, l’Inno, il Tricolore, tutto vero, tutto giusto. Ma se il Mancio fosse davvero pronto al grande tradimento – e qui il condizionale è d’obbligo fino ad eventuale conferma – ce la sentiremmo davvero di condannarlo? Proviamo a chiedercelo: cosa faremmo al posto suo? Avremmo scelto il cuore o il portafoglio, avremmo proseguito il lavoro iniziato nel 2018 sulla panchina azzurro o avremmo ceduto al dolce richiamo dei “motivi personali”?

In ogni caso, se il Roberto nazionale dovesse cedere al fascino avvolgente dei petroldollari, gli auguriamo tanta fortuna. Alla guida della Nazionale saudita ne avrà davvero bisogno.

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