Canada

Malumori nel Partito Liberale, cresce il pressing su Trudeau

TORONTO – Crescono i malumori all’interno del Partito Liberale. Con i lavori parlamentari sospesi fino alla metà di settembre e con l’impossibilità di un confronto serio ed aperto sullo stato di crisi, aumenta il malcontento strisciante nella base e nella classe dirigente liberale, che ancora deve digerire l’inaspettata batosta alla elezioni suppletive a Toronto-St. Paul’s. La sconfitta in quel distretto, feudo liberale dal lontano 1993, rappresenta la cartina tornasole di una crisi identitaria che sta attraversando un po’ tutto il Paese, come dimostrano i sondaggi degli ultimi mesi che certificano un distacco di 20 punti percentuali dal Partito Conservatore di Pierre Poilievre.

Ma se nei giorni scorsi il malessere veniva in qualche modo nascosto, per non mettere a repentaglio l’impressione di un partito unito nel sostenere il proprio leader, negli ultimi giorni sono apparse le prime crepe, i primi distinguo, i primi non più tanto velati mugugni. A gettare il primo sasso è stato un deputato, Wayne Long, in carica da tre legislature che ha deciso di non ripresentarsi alle elezioni federali in programma nell’ottobre del 2025. In una email resa pubblica dallo stesso parlamentare, l’mp chiede ufficialmente a Justin Trudeau di fare un passo indietro e presentare le dimissioni dalla guida del partito. La proposta è stata poi appoggiata anche da un secondo parlamentare, Ken McDonald.

Sempre nei giorni scorsi da alcuni deputati, di fronte a precisa domanda sulla necessità di cambiare la guida del partito per dotarsi di una nuova leadership, abbiamo ascoltato a risposte evasive. Ma non solo. Nove deputati hanno lanciato un appello ufficiale al loro leader, chiedendo la convocazione straordinaria del caucus liberale per fare il punto sulla sconfitta a Toronto-St. Paul’s, individuarne la cause e intavolare una strategia a media-lunga scadenza in vista dell’appuntamento alle urne del prossimo anno. Su questo il primo ministro ha preferito glissare: non sono in programma incontri straordinari del gruppo parlamentare, il cui primo meeting resta quello di metà settembre in concomitanza con il riavvio dei lavori parlamentari a Ottawa.

Catherine McKenna, che è stata un importante ministro del governo liberale sotto il primo ministro Justin Trudeau dal 2015 al 2021, afferma che è tempo per il Partito Liberale di cercare un “nuovo leader”.

“Il Partito Liberale non riguarda una sola persona. Si tratta dei valori che rappresenta e si tratta di migliorare la vita dei canadesi”, ha detto McKenna.

“Il primo ministro ha un’eredità di cui essere orgoglioso, ma è tempo di nuove idee, nuova energia e un nuovo leader. La posta in gioco in queste elezioni è troppo alta, soprattutto sull’economia e sul clima”.

McKenna è la prima persona che ha servito nell’esecutivo di Trudeau a chiedere un cambio di leadership dopo la sconfitta a Toronto-St.

Ma quella dimissioni è davvero una pista praticabile? Una corsa alla leadership liberale sarebbe rischiosa, tenendo conto della tempistica. Il partito non ha scelto un nuovo leader dal 2013, quando i liberali hanno cambiato le regole per dare ai cittadini comuni una maggiore voce in capitolo su chi avrebbe preso le redini del partito. I cambiamenti hanno permesso la formazione di un movimento politico dietro Trudeau, che ha vinto facilmente la corsa e ha rinvigorito il partito dopo un periodo di crisi.

Se Trudeau dovesse farsi da parte prima delle prossime elezioni, il partito non solo dovrebbe trovare un nuovo leader prima delle prossime elezioni, ma permettere al nuovo segretario di farsi conoscere, visto che comunque dovrebbe recuperare qualcosa come venti punti percentuali sui conservatori di Poilievre.

La tempistica sarebbe abbastanza difficile solo per ottenere un nuovo leader prima che i canadesi vadano alle urne. Le corse per la leadership di solito durano almeno mesi: ufficialmente quella che ha portato alla vittoria di Trudeau nel 2015 è durata solo cinque mesi, ma i candidati si stavano preparando da quasi due anni.

Ci sono voluti anche due anni prima che i conservatori votassero un nuovo leader dopo le dimissioni di Stephen Harper dopo le elezioni del 2015. La corsa che ha portato Pierre Poilievre alla guida dei conservatori è durata otto mesi.

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