TORONTO – Allacciamoci le cinture di sicurezza e prepariamoci al peggio. Con la vittoria di Donald Trump gli equilibri commerciali in Nord America, consolidati dopo la firma del Nafta 2.0 – ufficialmente lo United States-Mexico-Canada Agreement (USMCA) – rischiano di spezzarsi nel giro di pochi mesi, con conseguenze imprevedibili per il nostro Paese. Il presidente eletto durante la corsa alla Casa Bianca ha presentato un programma che ha nella introduzione dei dazi uno dei suoi punti centrali. Dazi doganali, ha ribadito più volte, che non risparmierebbero nemmeno in partner commerciali nell’accordo di libero scambio nordamericano.
In questo contesto l’allarme lanciato dal premier dell’Ontario Doug Ford prende forma in un contesto caratterizzato dalla grande incertezza, in attesa del passaggio di consegne allo Studio Ovale a Washington. Il leader del Progressive Conservative, in sostanza, sottolinea come vi sia uno squilibrio nel mercato interno nordamericano soprattutto per quanto riguarda le auto elettriche cinesi e, più in generale, il tentativo di penetrazione commerciale di Pechino nei mercati occidentali. Il Canada, seguendo per filo e per segno quanto fatto dagli Stati Uniti qualche mese prima, da ottobre ha introdotto pesanti dazi sulle auto elettriche cinese – 100 per cento – e sull’acciaio e l’alluminio che arrivano da gigante asiatico. Il Messico, invece, non ha adottato alcun provvedimento in tale senso: di conseguenza, i prodotti che vengono tassati alla frontiera in Canada e negli States possono entrare nel mercato nordamericano senza dover pagare il sovrapprezzo voluto da Washington e Ottawa.
“Il libero scambio ha sottolineato Ford – deve essere equo. Da quando ha firmato l’accordo con Stati Uniti e Canada, il Messico si è permesso di diventare una porta di servizio per le auto, i ricambi auto e altri prodotti cinesi nei mercati canadesi e americani, mettendo a rischio i mezzi di sussistenza dei lavoratori canadesi e americani, minando le nostre comunità e arrecando enormi danni al nostro successo economico condiviso”.
“Se il Messico non combatterà il trasbordo ha aggiunto il premier dell’Ontario – come minimo, allineandosi ai dazi canadesi e americane sulle importazioni cinesi, non dovrebbe avere un posto al tavolo o godere dell’accesso alla più grande economia del mondo. Invece, dobbiamo dare priorità alla partnership economica più stretta sulla terra, negoziando direttamente un accordo bilaterale di libero scambio tra Stati Uniti e Canada che metta al primo posto i lavoratori statunitensi e canadesi”.
Trump intanto prepara la sua strategia per convincere il governo messicano all’allineamento. Secondo quanto scritto ieri dal New York Times, la nuova amministrazione americana quando assumerà il potere il prossimo gennaio, potrebbe imporre un dazio del 100 per cento su tutte le automobili prodotte in Messico.
Un provvedimento, questo, che sarebbe in aperta violazione da quanto stabilito dal trattato UMSCA: ma già in passato il tycoon newyorchese ha dimostrato di non farsi troppi scrupoli nella difesa di quelli che lui ritiene essere gli interessi americani. Secondo la Mexican Automobile Industry Association, il Messico produce circa 3 milioni di veicoli all’anno, due dei quali destinati al mercato Usa. Nel suo territorio sono presenti stabilimenti di Volkswagen, Audi, Mercedes-Benze, Ford, Nissan e Chevrolet.
Il presidente eletto vorrebbe invogliare queste case automobilistiche a investire negli Stati Unit. Resta da capire quale sarà il ruolo del Canada in questa ipotetica trasformazione, che se avvenisse sarebbe davvero di dimensioni epocali e potrebbe far saltare completamente gli accordi di libero scambio in Nord America.
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