TORONTO – L’operato degli apparati di intelligence di potenze straniere ha davvero influenzato il processo elettorale canadese? E se sì, fino a che punto l’esito scaturito è stato indirizzato da tali pressioni?
Sono queste le domande alle quali dovrà dare una risposta definitiva la giudice Marie-Josée Hogue, nominata lo scorso settembre per proseguire il lavoro del dimissionario David Johnston: una nomina, quella della giudice quebecchese, arrivata al culmine di una dura polemica politica che ha provocato tensioni, accuse e veleni nelle stanze del potere a Ottawa, con le opposizioni che chiedevano la testa di Johnston e, contemporaneamente, la creazione di una commissione d’inchiesta pubblica e con il governo, dall’altra parte della barricata, che ha invece di feso l’operato dell’ex governatore generale e che ha bocciato una a una le richieste del Partito Conservatore e dell’Ndp. La scelta della Hogue, comunque, ha quantomeno avuto l’effetto di calmare le acque, anche perché la sua nomina è stata condivisa da tutti i partiti alla House of Commons che chiedevano la nomina di una personalità super partes per la gestione di un file così delicato e importante.
In questo difficile percorso stabilito dal governo per fare luce sulle interferenze straniere nel nostro Paese è stata decisa una tabella di marcia con tempi molto stringenti. La prima scadenza è quella del 22 novembre, data entro la quale chiunque – persone e associazioni – potranno presentare una richiesta per essere ascoltati dalla giudice: la domanda fatta direttamente alla “Public Inquiry into Foreign Interference in Federal Electoral Processes and Democratic Institutions” dovrà essere accompagnata da delle motivazioni credibili e concrete che spiegano il motivo per il quale tale testimonianza potrebbe portare un contributo fattibile alla ricerca della verità.
Dopo quella data, l’indagine della Hogue entrerà davvero nel vivo, con la seconda scadenza fissata dal governo per il il prossimo febbraio, quando la giudice dovrà presentare un rapporto parziale nel quale sarà incluso anche il lavoro svolto da Johnston. Infine la scadenza ultima è per la fine del 2024, quando Hague dovrà depositare il rapporto finale sulla scrivania del primo ministro, prima della presentazione alla House of Commons.
In questo lasso di tempo, poco più di un anno, le informazioni che usciranno saranno centellinate dalla necessità di mantenere la segretezza fino alla presentazione del rapporto finale.
D’altra parte quanto fatto da Johnston ha già confermato con assoluta certezza che influenze straniere – soprattutto cinesi – ci sono state nelle tornate elettorali del 2019 e del 2021: allo stesso tempo però – e questa è la tesi fortemente contestata dal leader del Partito Conservatore Pierre Poilievre – queste pressioni non hanno avuto alcun peso nell’esito finale delle due tornate elettorali.
Vista la tempistica prevista per la presentazione del rapporto finale, quello delle interferenze straniere è destinato a diventare uno dei temi principali della futura campagna elettorale: se non ci saranno le elezioni anticipate – ipotesi alquanto remota in questo momento – andremo a votare nell’ottobre del 2025, con la campagna elettorale che si svilupperà lungo tutta la primavera e l’estate. Tutti i partiti, di conseguenza, aspettano con grande interesse il rapporto della giudice.