Canada

Ingresso dei privati
nel settore sanitario,
canadesi divisi sui cambiamenti

TORONTO – Canadesi ancora divisi sul potenziale ingresso dei privati nel settore sanitario. È questa l’istantanea scattata da un sondaggio pubblicato ieri dalla Angus Reid nel quale si mette in luce come la popolazione canadese, dopo un’opposizione senza se e senza ma alla privatizzazione della Sanità pubblica durata decenni, nell’ultimo periodo abbiano iniziato a considerare l’ipotesi come fattibile, di fronte al grave stato di crisi che pervade nel settore sanitario dall’inizio della pandemia di Covid-19. Stando allo studio, il 39 per cento degli intervistati sostiene che la il settore sanitario non dovrebbe permettere alcuna apertura verso l’erogazione dei servizi da parte di cliniche private: il rischio è quello di una possibile “americanizzazione” della Sanità pubblica canadese, con la conseguenza che attraverso il pagamento dei servizi si viene curati prima e meglio. Per questo segmento della popolazione canadese, la Sanità deve rimanere completamente pubblica.

Di contro troviamo poi il 28 è per cento degli intervistati che la vede in modo diametralmente opposto: la privatizzazione, secondo questa parte del campione, non rappresenta di per sé il problema, ma la soluzione delle carenze e delle inadempienze della Sanità canadese. L’apertura ai privati, quindi, diventerebbe la necessaria evoluzione all’interno del sistema sanitario canadese, una trasformazione che porterebbe a un sistema sostanzialmente ibrido, dove strutture pubbliche coesistono e cooperano con cliniche private per erogare servizi ai cittadini, con il taglio delle liste d’attesa e la riduzione dei tempi per visite e cure specialistiche. Un modello, sottolinea la Angus Reid, presente in Paesi come Inghilterra, Australia e Germania.

Tra sostenitori della Sanità pubblica e chi propone l’apertura ai privati, troviamo circa un terzo della popolazione (il 33 per cento) che non si pone la questione in termini squisitamente ideologici e che non chiude le porte completamente né a una né all’altra soluzione. Questa fetta delle popolazione considera fondamentale la presenza della Sanità pubblica, che però potrebbe utilizzare studi privati per determinati servizi ai pazienti.
Angus Reid poi entra nello specifico, chiedendo agli intervistati cosa ne pensano dell’eventuale ingresso dei privati nella Sanità in relazione alla qualità dei servizi.

A questa domanda, il 45 per cento del campione ritiene che questo porterebbe a un progressivo peggioramento dell’attuale situazione. Al contrario, il 36 per cento ritiene che la svolta porterebbe a miglioramento nei servizi e nella velocità di erogazione.

Il sondaggio poi va dritto al cuore della questione, ponendo una domanda ben precisa: siete d’accordo o meno sulla possibilità di pagare per determinati servizi sanitari, a patto che questi vengano erogati più velocemente in determinate cliniche o strutture private? Il 47 per cento degli intervistati boccia categoricamente questa soluzione, perché verrebbe a creare una Sanità a due velocità, dove chi è più abbiente ha la possibilità di curarsi prima e meglio rispetto a chi ha meno possibilità economiche. Il 43 per cento del campione, invece, si dice disposto ad accettare l’idea di pagare di tasca propria determinate prestazioni sanitarie.

Insomma, il tema continua a dividere, alla luce delle novità introdotte dal Bill 60 in Ontario che concede ai privati di fornire un limitato numero di servizi.

More Articles by the Same Author: