Il Covid-19 in Italia

In Italia 13.158 nuovi contagiati
e 217 vittime

ROMA – Sono stati ieri 13.158 i nuovi contagi da coronavirus registrati in Italia, secondo i dati diffusi regione per regione nel bollettino della Protezione Civile. Complessivamente, sono quasi 4 milioni gli italiani che hanno contratto il Covid. Sono stati nel frattempo registrati anche altri 217 morti, che portano il computo totale delle vittime a 119.238 dall’inizio della pandemia. Nelle ultime 24 ore sono stati eseguiti 239.482 tamponi, con l’indice di positività al 5,49%. Erano 2.862 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, 32 in meno rispetto a sabato.

Nel frattempo, per quanto riguarda la cura con gli anticorpi monoclonali – quando ancora il malato di Covid è a casa ed i suoi sintomi si presentano lievi o agli inizi – il parere da parte degli esperti per il loro utilizzo è in gran parte positivo. Ciò deve però avvenire a livello territoriale in coordinamento con l’ospedale, come sarebbe previsto dal nuovo protocollo ministeriale per le cure anti-Covid a domicilio che si attende a giorni.

Ma qual è il parere degli esperti? Sperimentare “le cure anti-Covid con anticorpi monoclonali a domicilio è utile”, dice il farmacologo Silvio Garattini, “perché il momento in cui questi trattamenti sembrano essere più efficaci è proprio la fase precoce della malattia e non sono indicati in ospedale su pazienti già in fase avanzata. Siamo ancora in una situazione sperimentale, non possiamo dare per acquisito il loro impiego e la loro efficacia – sottolinea Garattini – e bisogna per questo consolidarne l’uso nella pratica per vedere qual è il rapporto beneficio-rischio”. “Dunque – conclude il farmacologo – la sperimentazione a domicilio è utile proprio perché offre la possibilità di studiarli nelle fasi precoci della malattia”.

“Stiamo per realizzare uno studio sull’utilizzo degli anticorpi monoclonali per via intra-intramuscolo” sostiene il virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco. “Saranno – spiega il virologo – da comparare all’uso endovena, già autorizzato, per vedere se questa somministrazione può essere adottata. Se il nostro Comitato etico darà l’ok, partirà uno studio, che è multicentrico, e per il quale speriamo di riuscire subito a reclutare almeno una decina di pazienti. Questa via di somministrazione potrebbe esemplificare le cose”, anche in vista delle cure domiciliari con questi medicinali.

“Monoclonali anti-Covid a domicilio? Tutte le cure e le forme di assistenza a casa sono benvenute” afferma il virologo Giovanni Maga, direttore dell’l’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia. “Ovviamente è necessario che ci sia un’organizzazione adeguata per la sicurezza e la somministrazione con le adeguate accortezze. Ed un protocollo ben definito. Sino ad oggi – ha ricordato Maga – i monoclonali sono stati somministrati in regime ospedaliero perché vengono infusi per endovena, lentamente. È una procedura che non sempre è facile da fare a domicilio. Con metodi di somministrazioni differenti, che potrebbero arrivare presto, ci sarebbero meno problemi. Tutte le cure che vengono fatte a domicilio contribuiscano ad alleggerire il sistema sanitario nazionale”.

“Monoclonali anti-Covid in terapia domiciliare? Il mio è un ’ni’”. A dirlo è Antonella D’Arminio Monforte, direttrice di Malattie infettive, presso l’ospedale Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, in uno dei reparti che somministra – su autorizzazione dell’Aifa, ossia l’Agenzia italiana del farmaco – la cura. “Non perché non sarebbe possibile ma perché ci sono due problemi importanti: la selezione dei pazienti, che è abbastanza complessa. E la gestione di eventuali effetti avversi”.

Per la selezione dei pazienti, in particolare, “ci vuole un occhio allenato’ – precisa l’infettivologa – perché la terapia può essere fatta solo a pazienti che non abbiano un’infezione troppo avanzata, che abbiano dei fattori di rischio per lo sviluppo di un’infezione più grave e che abbiano sintomi da meno di 10 giorni. Purtroppo i pazienti che ci vengono inviati dai medici di medicina generale e che per loro sono idonei, per noi non lo sono. Il grande rischio è la selezione del paziente”.

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