Il Commento

Immigrazione. C’è sangue nell’acqua.

TORONTO – Non c’è tregua per gli assediati. Nonostante tutto il trambusto che circonda la dottrina dei diritti umani per tutti e dei privilegi per nessuno, l’istinto animale di molestare, indebolire e infine abbattere la preda individuata come vulnerabile vince inesorabilmente. Questa è una verità ovvia applicabile in politica, come nella vita. Da qui l’avvertenza di “coprire le proprie tracce”, o, in un linguaggio piuttosto banale, di non piegarsi in una doccia comune.

Non c’è “doccia comune” più tossica a [qualsiasi livello di] governo di quella del Ministero per l’Immigrazione. A livello federale, è un dipartimento orientato alla politica le cui decisioni influiscono sulle direzioni economiche, sociali, culturali, e [affari] esteri a cui altri dipartimenti e autorità (a livello di governo) rispondono o devono intraprendere.

Non c’è un singolo collega, istituzione, gruppo di lobby (compresi i sindacati), “attivista” o studio legale con considerazione pecuniaria che non creda di poter fare un “lavoro migliore” di quello effettuato dal ministro. Probabilmente avrebbero ragione, se ci si ponesse la domanda decisiva “per chi?”.

Non è un ministero per i deboli di cuore. Per quanto riguarda il modo migliore per evitare lesioni in una rissa di strada, un parlamentare politicamente ambizioso dovrebbe “evitare [una rissa] a tutti i costi” – per il suo bene e per quello del Leader e del governo. È un consiglio che ho cercato personalmente di seguire quando sono stato invitato per la prima volta al Gabinetto. Quando, un anno più tardi, dopo un discreto successo, nel mezzo dello scandalo percepito attorno al ministro in carica, mi hanno ripetuto l’invito. Non si dice “no” al Primo Ministro. Ho risposto: “Pensavo fossimo amici” e ho accettato il nuovo compito, con determinazione e con i problemi che ne derivavano.

L’attuale Ministro troverà che il premio è una “terra desolata di tombe anonime disseminate dei ‘resti scheletrici delle politiche e della reputazione’ dei predecessori”. Probabilmente è già rimasto scioccato e incredulo. Poco dopo la sua nomina ha dichiarato che il dipartimento [è] un disastro – parafraso solo per cortesia.

Sfortunatamente per il governo, i quattro precedenti inquilini dell’ufficio, dal 2015, erano membri del suo caucus. Le contraddizioni politiche sono diventate all’ordine del giorno, intenzionali o meno. E, come sempre, rimane il dipartimento più significativo e consequenziale ai fini della costruzione della Nazione; plasma l’identità e il carattere del nostro Paese; altri dipartimenti e ministri si limitano a gestire.

Dal 1890, la crescita in Canada è stata associata all’immigrazione e all’accesso al nostro Paese. A volte la politica andava di pari passo con il reclutamento attivo di famiglie o interi villaggi. C’erano solide considerazioni demografiche, sociali ed economiche che fino a tempi recenti sono rimaste fondamentali per la visione strategica del Ministero: classe familiare, classe economica/imprenditoriale/d’investimento ecc.

Nel complesso, malgrado eventuali carenze, restava l’idea generale che, per garantire la pace interna e la crescita, il Canada avesse bisogno di una sana politica demografica in cui programmi demografici equilibrati – strategie di sostituzione delle persone – potessero giustificare i livelli di immigrazione. Con un tasso di fertilità pari a 2,1 figli, gli obiettivi di immigrazione dell’1% della popolazione potrebbero essere “ideali”.

Ecco uno di quei campi minati su cui entrerà l’attuale Ministro: l’attuale popolazione canadese di quaranta milioni di persone, con un tasso di fertilità di 2,1 bambini per donna in età fertile, suggerirebbe un obiettivo di immigrazione di 400.000 persone all’anno. Il numero di decessi in Canada lo scorso anno ha superato il numero di nati vivi. Il tasso di fertilità è pari a 1,3 ed è in calo. L’anno scorso ci sono stati oltre 650.000 visti per studenti internazionali. La “carenza” di alloggi – se si crede alla retorica – sta facendo aumentare i costi. Una “carenza” di manodopera sta raggiungendo la modalità di crisi.

Povero ministro! Il suo dipartimento ora lo sta usando come cassa di risonanza per una politica di “rimandiamoli indietro”.

Nella foto in alto, una manifestazione per la regolarizzazione di tutti i migranti (foto da Twitter X – @MigrantRightsCA)

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