TORONTO – Scocca l’ora della verità per Justin Trudeau. Oggi infatti il primo ministro si riunirà con il gruppo parlamentare liberale in un incontro dove sarà presentata ufficialmente la richiesta di dimissioni. La ribellione interna è ormai un fatto assodato: da alcuni giorni infatti giungono conferme da più parti della presenza di una lettera nella quale viene chiesto al leader liberale di farsi da parte per il bene del partito e per permettere ai grit di dotarsi di una nuova leadership in vista delle prossime elezioni federali. Resta da capire fino a quanto sia profonda la spaccatura all’interno del partito e quanti siano, soprattutto, i deputati ribelli che chiedono la testa del loro leader. Al momento sembra che il documento che verrà presentato oggi porterà con sé la firma in calce di una ventina di deputati ribelli, mentre almeno altri venti parlamentari si sarebbero detti d’accordo in linea di principio con le richieste della lettera ma avrebbero preferito non firmarla.
A questo punto qualsiasi scenario è davvero possibile. Da un alto Trudeau potrebbe respingere la richiesta e mantenere saldamente nelle sue mani il timone, un’intenzione questa ribadita a più riprese la scorsa estate anche nei momenti di maggiori difficoltà, vedi le clamorose sconfitte alle elezioni suppletive di Toronto-St. Paul’s e LaSalle-Émard-Verdun, dove il Partito Liberale ha perso due roccaforti del voto grit. Dall’altro però, se davvero il drappello di deputati ribelli dovesse aumentare numericamente, il primo ministro potrebbe anche prendere atto di una sorta di sfiducia interna per la sua linea e optare per il passo indietro.
Al momento i nomi dei deputati ribelli rimangono top secret. Nei giorni scorsi a prendere una posizione ufficiale contro il primo ministro è stato l’mp Sean Casey, deputato eletto nella , Prince Edward Island, che ha chiesto a Trudeau di gettare la spugna. “Si deve dimettere – ha dichiarato senza mezze parole – per evitare che il Paese cada in mano al conservatore guidato da Pierre Poilievre”.
Casey ha giustificato la sua posizione dopo aver “afferrato il sentimento popolare condiviso dagli elettori” nella sua circoscrizione elettorale.
“Votare è un esercizio emotivo. Non si basa sulla logica. Se si basasse sulla logica e sul pensiero razionale, saremmo 20 punti in più, non in meno. Ma c’è stato un bagaglio accumulato. La gente lo ha ignorato”, ha detto Casey ai giornalisti.
In ogni caso, restano anche altre nubi all’orizzonte per Trudeau. In primo luogo resta da tamponare l’emorragia che ha colpito il suo esecutivo. Giovedì scorso quattro ministri hanno annunciato la loro intenzione a non ricandidarsi alle prossime elezioni federali: si tratta di Marie-Claude Bibeau (Entrate Nazionale), Carla Qualtrough (Sports), Filomena Tassi (Sviluppo economico per il Sud dell’Ontario) e Dan Vandal (Affari del Nord).
Trudeau quindi, se dovesse decidere di rimanere in sella, dovrà approntare un profondo rimpasto di governo, probabilmente l’ultimo prima del prossimo appuntamento alle urne.
Nel frattempo, infine, per la prima volta l’ex governatore di Bank of Canada Mark Carney, molto vicino al Partito Liberale, ha ammesso di nutrire l’ambizione di entrare nella politica attiva. Carney, attualmente principale consigliere economico del primo ministro, è nella ristretta lista di papabili alla leadership liberale in caso di rinuncia da parte dello stesso Trudeau.