Il Covid-19 in Italia

In Italia 882 nuovi contagiati
e 21 ulteriori vittime

ROMA – Sono stati 882 i contagi da coronavirus registrati ieri in Italia, insieme ad altri 21 morti, che portano il totale delle vittime a 127.587 dall’inizio della pandemia di Covid-19. Intanto, secondo uno studio, si è accertato che la polmonite da Covid lascia i suoi segni anche a 6 mesi di distanza dall’infezione, “in una percentuale considerevole” di pazienti. È quanto emerso dallo studio guidato dall’Unità operativa complessa di Pneumologia dell’ospedale San Gerardo di Monza, in collaborazione con l’università degli Studi di Milano-Bicocca. La ricerca ha coinvolto sette ospedali lombardi, con prove funzionali respiratorie e radiografie del torace su 312 pazienti affetti dal coronavirus.

Lo studio ha mostrato che “6 mesi dopo la polmonite da Sars-CoV-2 le alterazioni delle prove funzionali respiratorie e della radiografia del torace sono presenti in una percentuale considerevole della popolazione oggetto dello studio”. I due esami che si sono rivelati più sensibili nell’individuare le sequele polmonari sono “la diffusione alveo-lo-capillare del monossido di carbonio (Dlco), un parametro misurabile nell’ambito delle prove funzionali respiratorie, e la radiografia del torace”, che “hanno mostrato delle alterazioni rispettivamente nel 46% e nel 25% dei pazienti valutati.

Importante segnalare, tuttavia – precisa una nota – che le alterazioni riscontrate erano “nella maggioranza dei casi di grado lieve”.

Per quanto riguarda problemi respiratori come la mancanza di fiato, “la maggioranza dei pazienti studiati (69%) a distanza di 6 mesi dalla polmonite da Sars-CoV-2 non presentava più questo sintomo. Nei pazienti che ancora lo dichiaravano, si manifestava quasi esclusivamente durante sforzi intensi”.

Anche per quanto riguarda il test del cammino, “solo una minoranza dei partecipanti allo studio mostrava una riduzione della distanza percorsa”. Un ulteriore dato interessante rimarcato dai ricercatori riguarda “la profilassi con eparina somministrata durante il ricovero, al fine di prevenire le trombosi associate al Covid-19.

“Nei nostri pazienti – conclude lo studio – la profilassi sembra aver agito da fattore protettivo aprendo nuovi scenari sull’impatto della terapia prevenire le conseguenze a medio-lungo termine”.

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