Il Commento

Prepariamoci per un altro
giro di sinofobia

TORONTO – Potrebbe non essere una sorpresa per la Cina, come afferma il Primo Ministro, ma scommetto che lo è per la comunità cinese nel Paese. Il Canada non parteciperà alle Olimpiadi invernali e alle Paraolimpiadi di Pechino… beh, non ci sarà alcuna “rappresentazione diplomatica” canadese.

Il Canada consentirà comunque la partecipazione dei suoi atleti. Si allenano da almeno quattro anni e non si deve negare loro l’opportunità di competere con i “migliori”, giustifica il governo. Se ve lo state chiedendo, i suoi diplomatici non si sottopongono ad alcuna formazione per l’evento, tuttavia forniranno servizi consolari e sicurezza per gli atleti.

Supponendo che si voglia seguire la logica, le autorità cinesi, che accusiamo di violazioni dei diritti umani di vecchia data contro la popolazione uigura nella provincia di Xinjiang, ci permetteranno di servire e “proteggere” i nostri cittadini. Ancora una volta, ricordatevi che questi sono gli stessi violatori dei diritti umani che hanno suscitato la nostra indignazione.

Ma non possiamo permetterci che quell’indignazione “ferisca” i nostri atleti, che con tutta la loro formazione (sovvenzionata dal governo, come è dovuto notare) gli obiettivi politici devono passare in secondo piano rispetto alle nostre possibilità di medaglia. Quali sono questi oggetti politici, ti chiederai?

Non possiamo guardare agli “esperti istantanei” che sembrano emergere dal nulla non appena i media hanno bisogno di un volto per legittimare le loro affermazioni logore su: fermare la crescita dell’autoritarismo, porre fine alla soppressione dei movimenti pro-democrazia, salvare le libertà religiose di Comunità musulmane in luoghi lontani o tutelare i diritti delle persone ad organizzarsi come uno stato nazionale all’interno di uno stato. L’elenco potrebbe continuare.

Pretendono tutti che è giunto il momento di “mettergli un dito nell’occhio” o “schiaffeggiarli un po’ ” (riferendosi ai Cinesi) senza infliggere troppi danni a noi stessi. Potrebbe essere il momento di vendicare i tre anni durante i quali “il dragone rosso” ha imprigionato i due Michael, dicono.

Abbiamo maggiori probabilità di farci del male o di aggravare il nostro svantaggio commerciale esistente, come suggerisce il grafico di Statistics Canada di seguito. Se si accetta che il NAFTA (USA, Canada, Messico) sia un blocco commerciale e che l’UE (27 nazioni dell’Unione Europea) sia un altro, allora la Cina è il nostro secondo partner commerciale più importante. Terzo, se si ignorano quei blocchi.

Condividiamo un rapporto complesso e in continua evoluzione con la Cina. Due settori evidenziati nello stesso briefing di Statistics Canada (modificato 2021.02.17) lo illustrano. Nel 1992 c’erano solo 2.900 studenti cinesi internazionali negli istituti post-secondari canadesi; nel 2018 c’erano 81.500 studenti cinesi, che rappresentavano il 27% di tutti gli studenti internazionali. Non c’è una sola istituzione accademica che non dipenda dalla loro presenza.

Allo stesso modo, nel 1990, i turisti cinesi erano soliti spendere solo 95 milioni di dollari in Canada, rappresentando poco più dell’1% di tutta la spesa turistica.

Nel 2018, i turisti cinesi hanno speso 5,9 miliardi di dollari in Canada, ovvero oltre il 17% di tutta l’entrata attribuibile al turismo.

Dovremmo perseguire una politica estera unicamente canadese. Tenete presente che tre anni fa gli americani ci hanno chiesto di arrestare ed estradare Meng Wenzhou, CFO di Huawei. La Cina si vendicò con l’imprigionamento dei due Michael. Quali obiettivi ci stiamo sforzando di raggiungere oggi?

Gli USA vogliono boicottare (attraverso la negazione della rappresentanza diplomatica) le Olimpiadi invernali. Al mondo di lingua inglese viene chiesto di seguire l’esempio. Le politiche Buy America del presidente Biden minacciano il nostro settore automobilistico e la nostra base manifatturiera.

Possiamo resistere? Jean Chretien, il cui genero dirigeva/dirige il Canada-China Business Council, pensava di sì. Un mio ex collega, sottosegretario durante gli anni di Chrétien, una volta definì un canadese come qualcuno che non è americano.

Chissà se pensa che la fobia debba estendersi ai cinesi.

(traduzione in italiano a cura di Marzio Pelù)

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