Canada

I conservatori sono ancora in vantaggio,
Trudeau in picchiata anche in Quebec

TORONTO – I sondaggi iniziano a preoccupare davvero Justin Trudeau. Stando all’indagine demoscopica pubblicata ieri da Abacus, se si dovesse tornare alle urne in questo momento il Partito Conservatore si attesterebbe attorno al 37 per cento, un vantaggio significativo sulla formazione politica del primo ministro, ancora ferma al 29 per cento delle intenzioni di voto. Staccatissimo l’Ndp di Jagmeet Singh, che cattura appena il 18 per cento delle intenzioni di voto, mentre il Bloc Quebecois – presente solamente nella provincia francofona – sale al 7 per cento.

Ed è proprio questo un segnale estremamente negativo per Trudeau, che vede una netta erosione del consenso in Quebec, roccaforte del voto grit, che nelle ultime due elezioni federali ha dato al Partito Liberale quei seggi per vincere – seppur di misura – alle urne. In questa provincia i liberali sono in picchiata, con le intenzioni di voto registrate da Abacus che non vanno oltre il 26 per cento, ben sei punti percentuali in meno rispetto a un sondaggio realizzato lo scorso novembre. Il partito di Pierre Poilievre è in rimonta in Quebec, mentre consolida il proprio vantaggio in numerose province del Canada.

In questo momento, tutto l’Ovest del Paese è intenzionato a premiare i conservatori e a dare il benservito al primo ministro liberale in carica dal 2015. Il Partito Conservatore è nettamente in testa in British Columbia – 37 per cento, contro il 26 per cento dei liberali – mentre nelle Praterie il divario tra i due partiti è imbarazzante: i tory in Alberta salgono al 54 per cento – contro il 14 del liberali – mentre in Saskatchewan e Manitoba Poilievre può contare sul 52 per cento delle intenzioni di voto, con il sostegno al primo ministro che scende al 16 per cento.

Anche in Ontario, seppur con proporzioni diverse, il principale partito d’opposizione è in testa nella intenzioni di voto. Se si dovesse tornare alle urne oggi, infatti, i conservatori conquisterebbero il 38 per cento dei voti, contro il 35 per cento dei liberali.

A livello regionale, resta davvero poco da rallegrarsi per il primo ministro in carica. I liberali infatti sono in vantaggio sui conservatori solamente nelle Province Atlantiche, zone comunque che assegnano pochi seggi rispetto ad altre realtà.

Ma l’indagine demoscopica di Abacus non si ferma alla richiesta delle intenzioni di voto. Il sondaggio infatti va a tastare il polso dell’elettorato canadese anche sulla sua reale volontà di cambiamento rispetto allo status quo. Ebbene, secondo Abacus l’86 per cento degli elettori tradizionali del Partito Conservatore sono intenzionati a continuare a sostenere lo stesso partito anche alle prossime elezioni, con l’8 per cento che si dichiara indeciso e con il 6 per cento che invece è pronto a sostenere un’altra formazione politica.

Per i liberali, la percentuale di chi voterà grit anche alle prossime elezioni scende al 76 per cento, con il 14 per cento che ammette la sua intenzione a votare per un altro partito e il 10 per cento che deve ancora decidere. Insomma, siamo di fronte a una potenziale fluttuazione elettorale, con lo spostamento consistente di una larga fetta di elettorato da un partito all’altro.

Ma non solo. La voglia di voltare pagina non arriva solamente dall’intenzione di voto. Abacus ha chiesto infatti al campione di 4mila canadesi intervistati riguardo la volontà o meno di mantenere la stessa direzione politica degli ultimi anni: ebbene, il 75 per cento del campione vuole un cambiamento, mentre solo il 25 per cento preferisce mantenere l’attuale assetto di governo.

Alla domanda specifica sulla performance dell’esecutivo liberale, il 34 per cento degli intervistati approva l’azione di governo, mentre il 48 per cento del campione la boccia senza se e senza ma.

Riguardo la percezione del primo ministro, la situazione non cambia: il 32 per cento degli elettori lo promuove, mentre il 48 per cento ha un giudizio negativo su Justin Trudeau.

Siamo quindi in presenza di tutti gli ingredienti necessari al cambiamento, in attesa di vedere se il prossimo budget federale sposterà ancora una volta le intenzioni di voto nell’elettorato del nostro Paese.

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