“Noi italiani all’estero siamo
una risorsa inestimabile”

TORONTO – “La politica italiana deve capire che noi Italiani all’estero siamo una risorsa inestimabile anche per l’Italia, non solo per i Paesi in cui viviamo”. Michela Di Marco, candidata alla Camera per la ripartizione Nord e Centro America nelle fila del Pd, presenta il suo programma durante un’intervista concessa al Corriere Canadese. La presidente del Comites di Toronto ribadisce il suo impegno per una serie di riforme e lancia l’allarme sui rischi di un’eventuale vittoria del centrodestra al voto del 25 settembre.

Come sta andando la campagna elettorale?
“La campagna elettorale sta andando bene. Ho partecipato a un gran numero di incontri, dibattiti, eventi, alcuni in presenza, molti in modalità remota. Venerdì prossimo, 9 settembre ho organizzato un incontro gratuito alle ore 18 al ristorante Boccaccio – Columbus Centre, 901 Lawrence Ave W. – a cui è invitata la comunità. Sono contenta che la mia candidatura stia suscitando interesse. Ci sono molte persone che vorrebbero vedere nuovi volti in Parlamento. Persone giovani che portino nuova linfa, nuove idee e nuovi approcci, per quesiti relativi a tutte le età. Io non sono nuova alla politica attiva, ma nuova all’idea di candidarmi. La mia esperienza comunitaria di molti anni come presidente del Comites e l’esperienza professionale presso i patronati e il Parlamento federale canadese mi hanno permesso di conoscere profondamente la mia comunità in Ontario e anche le comunità italiane negli altri Paesi. Visto che molti dei problemi che stanno a cuore agli italiani all’estero sono ancora irrisolti, ci vuole uno sguardo fresco e innovativo. Per questo è molto importante votare e invito tutti a farlo, a prescindere dalle loro idee politiche. La partecipazione è fondamentale ma molti nostri concittadini sentono la distanza delle istituzioni italiane. Si sentono abbandonati. Non c’è dubbio, ci sono stati miglioramenti: la riduzione dell’IMU per i pensionati, i musei gratuiti per esempio, l’impegno per il sostegno dell’italiano all’estero, gli investimenti sul Made in Italy, la lotta contro le contraffazioni. Ma è evidente che c’è tanto ancora da fare. Ad esempio l’accesso alla carta d’identità elettronica italiana, e a quella sanitaria (cioè l’accesso al sistema sanitario nazionale non limitato alle emergenze come ora), non ultimo il recupero della cittadinanza per chi l’ha persa”.

Come valuta la caduta del governo Draghi?
“Nella comunità ho riscontrato molto sconforto e incredulità per l’affondamento del governo Draghi. Chi ha fatto cadere il governo (Cinque stelle, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia) agendo per ragioni di interesse di parte, credendo di poter vincere le elezioni senza alcuno sforzo, hanno affondato uno dei governi più autorevoli di sempre, con completo, totale e irrimediabile mancato senso di responsabilità. E adesso chiedono al governo Draghi dimissionario di risolvere i problemi dopo averlo sfiduciato. Una vera follia che i nostri connazionali all’estero non capiscono e di cui subiscono inermi le conseguenze. Di fronte ai problemi del post-pandemia, della guerra, dell’inflazione galoppante, del costo dell’energia, non avremmo mai immaginato una tale dimostrazione di miopia e irresponsabilità nell’anteporre all’interesse del Paese, in un momento così difficile e delicato, i propri giochi politici di partito. Il montante senso di irresponsabilità di queste destre in Italia è una delle ragioni che mi ha spinto ad accettare la candidatura del PD, un partito serio e affidabile. Fra l’altro mi sembra inaccettabile che a 100 anni esatti dalla marcia su Roma e dalla presa del potere di Mussolini (28 – 30 ottobre 1922), ai nipotini del Partito Nazionale Fascista, si riaprano le porte del governo. Che ci si dimentichi le tragedie del passato e si rischi di veder nascere un nuovo governo di intolleranza contrario a valori democratici e progressisti, è davvero inaccettabile. I nostri connazionali hanno visto con orrore le conseguenze della salita al potere di Trump negli Stati Uniti. Molti mi dicono che mi voteranno anche per evitare un destino simile in Italia”.

Come si può risolvere il problema del riacquisto della cittadinanza?
“Io credo che il groviglio del riacquisto della cittadinanza possa essere sbrogliato da un Partito Democratico forte. Gli altri partiti fanno solo demagogia. Il tema della migrazione viene trattato unicamente come un problema: sia quella in ingresso, in Italia, sia la nostra migrazione in uscita. Il PD, lottando per ottenere riforme complessive della cittadinanza come lo Ius soli – che è la legge vigente qui in Canada fra l’altro – è l’unico partito che si interessa responsabilmente al tema della cittadinanza senza paura e con l’obiettivo di attuare un cambiamento reale. Ci vuole una riforma complessiva. E le destre blaterano tanto ma rimangono nella sostanza forze xenofobe e razziste. E noi emigrati per loro continuiamo a essere gli xenos, gli stranieri. Non sarà una riforma facile, ma il PD è l’unico partito che vuole seriamente riformare l’idea di cittadinanza per ampliarla, restituirla ai suoi cittadini e non per criminalizzare”.

Mi può indicare tre temi chiave della sua piattaforma programmatica?
“Primo tema: generale ma fondamentale. Bisogna cambiare l’atteggiamento che l’Italia nutre verso i suoi cittadini all’estero. Sembra ricordarsene solo quando ci sono le elezioni. Il PD invece da anni ha un radicamento all’estero con i suoi circoli ad esempio: gli altri spuntano fuori come funghi solo al momento delle elezioni. Come filosofia generale, la politica italiana deve capire che noi Italiani all’estero siamo una risorsa inestimabile anche per l’Italia, non solo per i Paesi in cui viviamo. Dalla politica italiana ci vuole un riconoscimento sostanziale del nostro valore, non solo a parole, ma nei fatti, nelle azioni di governo. Ci vuole una valorizzazione degli italiani all’estero come lavoratori, professionisti, imprenditori, ricercatori, operatori culturali, insegnanti e pensionati, anche con un sostegno alle associazioni che diffondono la cultura italiana nel mondo in tutte le sue forme”.

Il secondo?
“Piccole modifiche di grande valore per i nostri concittadini. Fra queste, azzerare l’IMU sulla prima casa per tutti; agevolare l’accesso al sistema sanitario nazionale non solo in regime di emergenza (alcuni degli emigrati più recenti ad esempio non si iscrivono al’AIRE per non perdere questi benefici al ritorno in Italia); agevolare l’accesso allo SPID, concedere la carta d’identità elettronica; e tanti altri servizi di grande utilità e efficacia. Terzo tema chiave: lottare per riforme strutturali. Riforma del voto all’estero (sperimentare ad es. forme elettroniche), riforma dei poteri dei Comites e CGIE (con maggiori risorse e poteri simili a quello dei consigli comunali); potenziare l’autonomia degli Enti Gestori; e ce ne sono tante altre, già in corso ma mai approdate, e di nuove da proporre”.

Passiamo ai servizi consolari: quali potrebbero essere le riforme necessarie?
“Qui si tratta soprattutto di investire nel personale. Ci vogliono più fondi per assumere più funzionari. I consolati, quando ci sono e non sono stati eliminati per risparmiare, sono drammaticamente sottodimensionati nel personale rendendo la loro inefficienza un fattore strutturale. Come Presidente del Comites della circoscrizione di Toronto, so che i consoli possono essere più o meno efficaci nella loro gestione dei consolati, ma, se non hanno il personale, le lungaggini burocratiche sono inevitabili. Una soluzione, sia pur parziale, sarebbe incrementare nuovamente, per le figure legalmente possibili, l’assunzione di personale a contratto reclutato localmente, assunzioni cresciute fino al 2020 ma poi arrestate. Anche “grazie” alla pandemia, ci si è accorti della necessità di digitalizzare i servizi, la cui accelerazione si rende sempre più urgente. Allo scopo bisogna rendere più semplici le procedure di accesso alla pubblica amministrazione tramite SPID. Inoltre bisogna utilizzare in modo più efficace la rete onoraria di cui l’amministrazione all’estero dispone, in particolare nelle circoscrizioni di ampie dimensioni come Toronto. La legge c’è. Va eseguita! In più bisogna valorizzare il ruolo dei patronati: bisogna arrivare finalmente alla sottoscrizione della convenzione MAECI-Patronati rimasta in sospeso”.

Torniamo alla copertura sanitaria per i viaggi in Italia e alla carta d’identità elettronica: riusciremo ad averle?
“Come le dicevo, molti cittadini italiani all’estero rinunciano ad iscriversi all’AIRE per paura di perdere l’assistenza sanitaria in Italia. È un principio di uguaglianza garantire l’accesso al sistema sanitario italiano anche per gli iscritti all’AIRE che provengono dall’Italia. In particolare, almeno per i primi cinque anni dopo l’iscrizione, bisognerà permettere a chi emigra, e magari si trova in condizioni di lavoro precarie, di poter accedere ai servizi consolari e regolare la propria posizione all’estero senza il rischio di trovarsi privo della protezione sanitaria pubblica italiana. Per tutti gli altri, cioè chi è emigrato prima degli ultimi cinque anni, sarebbe indispensabile un periodo di copertura al loro rientro temporaneo in Italia, magari pagando una quota minima per essere coperti dal sistema nazionale sanitario. Sono molto fiduciosa inoltre che sarà possibile ottenere la CIE. Si è già fatto tanto, ma non a sufficienza. Di nuovo, si tratta di stimolare gli investimenti verso una più profonda digitalizzazione dei servizi”.

Cosa fare per difendere e promuovere il Made in Italy?
“Prima di tutto, smetterla di pensare per compartimenti stagni. Il made in Italy lo si può promuovere sempre, anche laddove non si tratti specificamente di industria o di commercio. Non aver paura a mescolare pubblico e privato pur nella dovuta cautela. Un esempio qui a Toronto è il festival italiano del cinema (l’ICFF) in cui il Made in Italy ha posto importante accanto alla promozione della cultura italiana tramite il cinema, includendo anche la scuola, l’insegnamento della lingua, nella versione del festival per ragazzi. È questo tipo di sinergie che devono essere sostenute e sviluppate. Poi certo c’è la difesa dei marchi su cui il governo ha già lavorato proficuamente, ma che va potenziato e ampliato. In terzo luogo direi un lavoro capillare in comunità per promuovere l’apprezzamento dei prodotti italiani. Dico proprio a livello di consumo, di importazione, di prestigio, e in questo senso le Camere di Commercio possono giocare un ruolo capillare se potenziate. C’è tantissimo da fare. E io, con la mi passione, se eletta sarò in prima linea”.

Cosa pensa del rischio di brogli elettorali lanciato da Andrea Di Giuseppe?
“Il problema dei brogli elettorali è una grande preoccupazione per il PD. Ci sono falle di sistema che sono strutturali e di comunicazione. Le liste AIRE nella maggior parte dei casi non sono aggiornate per responsabilita’ condivise: dei cittadini che spesso non aggiornano lo stato civile e gli indirizzi di residenza, e del sistema anagrafico e consolare vigente. Puntualmente si parla di brogli sempre nel mezzo delle campagne elettorali, per cercare di addossare le responsabilità agli avversari, ma spesso non si capisce quali siano le proposte alternative per evitare i brogli, o proposte pratiche per migliorare il sistema, a partire dalla sperimentazione di forme ibride, seggi fisici, e voto elettronico, inasprimento dei controlli… si parla sempre molto, ma molto poco si mette in pratica. Il lavoro di chi sarà eletto dovrà considerare anche questo tipo di impegno e riforme in questo senso: per garantire un voto sicuro e che garantisca davvero il diritto al voto”.

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