Il Commento

Deportazione di massa all’orizzonte (III)

TORONTO – Non invidio il compito del Ministro Miller, responsabile per l’Immigrazione, i Rifugiati e la Cittadinanza canadese (IRCC). Nientemeno che il primo ministro Trudeau, una settimana fa, a Winnipeg, ha annunciato l’arrivo, in tempi brevi, di un “piano” di deportazione [di massa] progettato per ripristinare le politiche di immigrazione del Canada. Non sono stati forniti altri dettagli, a parte l’ammissione che “alcune persone” avevano “strumentalizzato il sistema per proprio uso e consumo”.

Ciò è quanto di più vicino si possa immaginare ad un’ammissione di “illegalità” da parte dei partecipanti al processo di immigrazione. Si tratta di compiere consapevolmente un atto non consentito dalla legge, sia per commissione che per omissione, per entrare nel nostro Paese per vie altrimenti vietate.

Alla base di tutto ci sono le proiezioni di crescita economica e la decisione di dare al Paese una particolare identità culturale-demografica. Si tratta di una dinamica preoccupante che difficilmente può essere resa più confortante per chi legge i Rapporti Annuali dell’IRCC o le Coperture Finanziarie che delineano il piano di spesa del governo al riguardo. I tagli sia al numero di persone che ai dollari spesi per raggiungere i nuovi “numeri ripuliti” sono all’ordine del giorno – al diavolo le conseguenze, finché non avremo notizie dal Ministro Miller.

In ogni caso, il concetto di un multiculturalismo funzionale che bilanciasse le sfide tra integrazione e assimilazione nella costruzione della Nazione è scomparso, per il prossimo futuro. Ci sono troppe entità con profitti finanziari personali o aziendali che “ingannano il sistema”.

Sono “venuti allo scoperto” negli ultimi mesi. I beneficiari dei visti per studenti – università, scuole e i loro agenti (per circa 30 miliardi di dollari all’anno) – sono i sindacati del settore privato e le imprese servite dai loro iscritti, compresi i loro fondi pensionistici.

È un nodo più complesso di quanto le persone siano disposte ad ammettere. E non è una novità. Mentre gli studenti e i lavoratori stranieri temporanei possono essere facili da identificare, altri tipi di lavoratori potrebbero trovarsi illegalmente nel Paese. L’identificazione di questo gruppo può creare più problemi e rivelare più attività indesiderabili di quanto potremmo voler ammettere come collettivo.

Un sindacato, con il quale ho avuto rapporti in qualità di ministro, ha affermato di avere un elenco di 10.000 lavoratori di questo tipo, nonostante la mia insistenza nel riferirli come privi di documenti. È improbabile che quel numero sia diminuito, viste le dichiarazioni del Ministro Miller ed il suo mandato. All’epoca il funzionario sindacale fu piuttosto sincero con me, insistendo sul fatto che erano tutti “documentati” e archiviati in un armadietto nel suo ufficio.

Su questo non avevo dubbi. Tuttavia, per ognuno di essi il sindacato doveva aver rilasciato un numero di previdenza sociale (SIN). Solo la Canada Revenue Agency (CRA) ha l’autorità di farlo. Le crescenti illegalità erano/sono sconcertanti nel loro numero: dal reclutamento di manodopera, agli abusi sul posto di lavoro, alle tasse sull’istruzione imposte ai governi provinciali per educare i figli dei privi di documenti, al traffico di esseri umani, alle quote sindacali dirette ai fondi pensione, centinaia di migliaia di persone e innumerevoli miliardi di dollari (questo è per un altro articolo) sottratti alla portata del governo e degli stessi contribuenti.

La politica volta a risolvere il problema potrebbe rivelarsi non più semplice oggi che anni fa. Anche la deportazione, considerata la soluzione più grave, potrebbe non essere affatto una soluzione. Quei lavoratori avranno guadagnato alcuni diritti finanziari che non possono/non dovrebbero essere sommariamente spazzati via deportando il legittimo proprietario e le loro famiglie.

Questo non sarebbe il “modo canadese”. Un torto è un torto, non importa l’origine della vittima. Due decenni fa le vittime si trovavano soprattutto nel sud dell’Europa (maggiormente portoghesi, visti i settori occupazionali). Negli ultimi anni non c’è stata praticamente alcuna immigrazione da questi Paesi. I problemi e le conseguenze delle persone prive di documenti non hanno fatto altro che moltiplicarsi e coinvolgere più individui in tutti i segmenti della società, così come nella formulazione delle politiche.

(Foto da https://cadimmigration.com)

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