Cultura

Rubava manoscritti
ma nessuno sa perché

NEW YORK – Atterrato all’aeroporto John F. Kennedy, Filippo Bernardini, ventinovenne di origine umbre, ha trovato ad attenderlo gli agenti dell’FBI: arrestato con l’accusa di furto aggravato di identità e frode telematica. Si è chiuso così uno stranissimo giallo caso che per cinque anni ha scombussolato il mondo dell’editoria.

Era infatti capitato a centinaia di autori, editori, agenti letterari, di vedersi arrivare una mail, apparentemente da parte di un collaboratore che conoscevano, in cui gli si chiedeva una copia di un certo manoscritto ancora inedito. L’indirizzo del mittente era leggermente modificato in modo che a prima vista si potesse scambiarlo per quello autentico; il linguaggio usato era professionale, lo stile ben imitato, il tono educato (a volte troppo: una potenziale vittima ha dichiarato di essersi insospettita dopo aver ricevuto una mail che sembrava del suo capo, perché, ha detto, il suo capo mai avrebbe scritto “grazie” e “per favore”). Ma dietro lo schermo c’era in realtà sempre Bernardini, da centinaia di profili falsi. Il truffatore riusciva a rendere credibili i suoi messaggi perché conosceva dall’interno l’industria libraria: infatti lavorava effettivamente nell’ufficio londinese di un importante editore americano, Simon & Schuster. Sapeva quindi quale gergo usare (per esempio le abbreviazioni comuni nell’ambiente, come “ms” per “manoscritto”) e cosa poter realisticamente chiedere; inoltre evidentemente studiava a lungo sia chi truffare sia chi impersonare, ed era a conoscenza di alcuni dettagli personali da poter citare per rafforzare l’illusione.

In fondo, anche se l’inganno era particolarmente elaborato, la tecnica era quella di un banale “phishing”: un messaggio mirato a indurre la vittima a divulgare dati sensibili. La particolarità della vicenda sta nel fatto che di solito questi l’obiettivo dei phishers sono numeri di carte di credito, password, informazioni personali in qualche modo spendibili o almeno facilmente rivendibili. A Bernardini, invece, interessavano solo manoscritti, specificamente di romanzi inediti.

Perché? Chiunque abbia dimestichezza con il processo di pubblicazione di un libro sa che generalmente un manoscritto inedito vale poco o nulla: anzi, qualsiasi casa editrice neanche tanto prestigiosa ne riceve tanti che il problema semmai è quello di riuscire a leggerli tutti. E se tra le vittime del raggiro ci sono nomi eccellenti, come quelli di Margaret Atwood e Dan Brown (ci aveva provato anche con un libro di Elena Ferrante, senza riuscirci), la maggior parte degli autori truffati da Bernardini erano esordienti: i loro testi non avevano (perlomeno non ancora) alcun valore commerciale. E comunque, a quanto risulta, nessuno dei manoscritti “rubati” è stato rivenduto, nessun autore è stato ricattato, niente è stato pubblicato da nessuna parte, neanche per burla.

Da quel che ne sappiamo, Bernardini si limitava a ottenere gli inediti e li teneva per sé; forse se ne vantava con qualche amico, con qualche amante, probabilmente no; non siamo nemmeno sicuri che li leggesse. Qualcuno ha detto che rubava le idee degli altri scrittori per creare un romanzo originale – ma non risulta che abbia mai pubblicato niente di suo. Altri hanno ipotizzato che fosse solo l’agente di un misterioso uomo nell’ombra – ma non si capisce chi, né, di nuovo, perché.

Molti hanno concluso che si tratti di un semplice mitomane, che mirasse a diventare famoso, che l’abbia fatto per il puro gusto del brivido. Si è andati a controllare quanto guadagnasse con il suo onesto lavoro in editoria: poco, considerando il costo della vita di Londra. Sarà stato allora mosso dalla frustrazione, da un desiderio di vendicarsi contro un “sistema” che non lo valorizzava abbastanza? Perché che Filippo Bernardini sia un giovane brillante è fuor di dubbio: a parte un curriculum di tutto rispetto (laureato in Cinese alla Cattolica di Milano, parlava anche – sembra – svedese e coreano, varie le collaborazioni prestigiose), parla la facilità con cui ha tenuto in scacco un’intera industria rimanendo sconosciuto per anni (e all’epoca qualcuno sospettava che si trattasse di un’intera squadra di truffatori).

L’unica cosa certa per ora è che per i suoi exploit rischia vent’anni di carcere, e non risulta ci abbia mai guadagnato una lira. Forse nei prossimi sviluppi sarà lui a dirci cosa sperava di ottenere.

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