TORONTO – “Queste elezioni sono solo l’inizio del mio impegno politico”. Suonano quasi come una minaccia le parole pronunciate da Elon Musk, multi-miliardario ceo di Tesla, SpaceX, X, Starlink, X.AI, the Boring company e altre società tecnologiche. Il suo sostegno a Donald Trump ha evidentemente giocato un ruolo cruciale nella vittoria a valanga di Donald Trump alle presidenziali americane di martedì. E questo non solo per le risorse finanziarie messe in campo – America Pac, il gruppo politico pro-Trump che ha formato, ha finanziato la campagna dell’ex presidente con almeno 118 milioni di dollari messi di tasca sua – ma anche per il ruolo giocato dal social media X, capace di rafforzare la massa critica di elettori scontenti dell’attuale amministrazione Usa e desiderosi di voltare pagina.
Ora, è evidente che il ritorno di Trump alla Casa Bianca porta con se una lunga serie di problematiche e conseguenze che sentiremo qui in Canada come nel resto del mondo. A Nord del confine ci stiamo già preparando a una futura rinegoziazione degli accordi United States-Mexico-Canada Agreement (USMCA), l’accordo di libero scambio nord-americano che ha sostituito il Nafta proprio durante il primo mandato del magnate newyorchese, così come alla possibile creazione di nuovi dazi doganali che potrebbero colpire anche il nostro Paese. E con questo, la presenza nello Studio Ovale di Trump in una fase geopolitica caratterizzata da guerre e grandi instabilità non fa certo dormire sonni tranquilli. Ma allo stesso tempo, non siamo di fronte a un completo salto nel buio: a The Donald ormai siamo vaccinati, abbiamo sviluppato gli anticorpi dal 2017 al 2021, è già stato alla guida degli Stati Uniti per quattro anni e siamo ancora tutti qui, il mondo non è finito. Sappiamo che nei prossimi mesi dovremo sorbirci il suo approccio populistico, condito dal folklore e dall’esibizionismo tipico del personaggio in questione, ma che fondamentalmente si è dimostrato del tutto innocuo.
Ben diverso è il discorso che riguarda Elon Musk (nella foto in alto, dalla sua pagina Twitteer X – @elonmusk). Il ceo di Tesla fa capo a un impero economico gigantesco, che non riconosce il ruolo fondamentale dei media tradizionali, che vuole mano libera in un epoca particolarmente delicata, quella agli albori dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.
Il primo vero grande rischio è quello della sopravvivenza di una stampa libera, che svolga il suo compito di controllo e critica del potere politico, combattendo le fake news che invece trovano terreno fertile sui social, proprio a partire da X.
È pressoché assodato che Trump premierà Musk con un incarico nella nuova amministrazione. E mettendo da parte i futuri evidenti conflitti d’interesse – appalti e commesse per le sue aziende, politiche compiacenti – rimane da capire quali saranno gli obiettivi finali del ceo di Tesla. Secondo il Bloomberg’s Billionaire Index, Musk – che è già l’uomo più ricco del mondo – ha visto la sua ricchezza personale toccare quota 290 miliardi di dollari. Alle prossime presidenziali Trump avrà 82 anni, difficilmente si ripresenterà.
Musk non potrà mai essere presidente, a meno che non venga rimessa mano alla Costituzione: è infatti nato in Sudafrica. Ma è evidente che con un futuro inquilino repubblicano alla Casa Bianca, l’ingombrante presenza di Musk lo renderebbe l’azionista di maggioranza dell’amministrazione. Uno scenario inquietante, dalle mille implicazioni, che aggiunge incertezza in un futuro già carico di nubi e zone d’ombra.
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