TORONTO – Una recessione economica, provocata dalla guerra commerciale iniziata da Donald Trump. È questo il preoccupante scenario che sta prendendo forma in queste ore, pochi giorno dopo l’attivazione da parte dell’inquilino della Casa Bianca dei dazi reciproci che si vanno a sommare alle altre politiche protezionistiche implementata dalla nuova amministrazione americana.
Cresce, con il passare dei giorni, il consenso tra gli economisti e gli analisti di mercato sul mettere in preventivo una violenta battuta d’arresto dell’economia globale, con una crisi economica generalizzata che potrebbe caratterizzare questo 2025. D’altro canto già la scorsa settimana abbiamo assistito ai primi preoccupanti segnali: il crollo, giorno dopo giorno, delle Borse di mezzo mondo, con Wall Street che ha visto bruciare migliaia di miliardi di dollari, con un crescente clima di sfiducia che potrebbe alimentare il tracollo delle piazze finanziarie anche questa settimana.
I mercati, è ovvio, odiano l’incertezza, mentre l’instaurazione di dazi e contro dazi penalizza i consumatori di tutti i Paesi coinvolti.
Anche qui in Canada le previsioni per i prossimi mesi non sono rosee, tutt’altro. Secondo numerosi economisti, i dazi doganali porteranno con loro un repentino aumento della disoccupazione, la crescita dei prezzi e più in generale del costo della vita, con interi comparti produttivi che sono a rischio collasso se la situazione non sarà risolta a breve. Ciò comprometterà la crescita, frenerà la domanda e ridurrà i prezzi soprattutto per le materie prime, lasciando particolarmente esposte le province esportatrici di risorse come la British Columbia, l’Alberta e il Saskatchewan.
Quello che è accaduto a Windsor è una rappresentazione plastica di quello che ci aspetta: Stellantis infatti ha deciso di bloccare la produzione per due settimane, con circa 4mila operai che sono stati messi in cassa integrazione. A Sud del confine, Stellantis ha licenziato 900 dipendenti, mentre sono stati chiusi temporaneamente stabilimenti negli Stati Uniti e in Messico.
Inoltre, se gli Stati Uniti cadranno in recessione ciò significherà cattive notizie anche per l’economia canadese, poiché è fortemente dipendente dalla domanda del suo vicino.
E la chiave di volta è proprio rappresentata su ciò che accadrà negli States nei prossimi due-tre mesi. Secondo Capital Economics Ltd. le probabilità che gli Usa vadano in recessione sono alite al 30%, mentre JPMorgan pone le probabilità al 60%.
Gli economisti della Bank of Nova Scotia, che in precedenza avevano previsto una crescita degli Stati Uniti compresa tra l’1,5% e il 2% per il 2025, prevedono ora che “lo shock stimato dai dazi porterebbe la crescita a zero, se non a una contrazione. Il dato certo comunque è che l’introduzione dei dazi reciproci sta mettendo a serio rischio la stabilità dell’economia americana che fino a poco tempo fa mostrava fondamentali solidi. Secondo un’analisi pubblicata da Boston Consulting Group (BCG), il rischio di recessione negli Stati Uniti è stimato al 40% nei prossimi 12 mesi, un “forte ridimensionamento rispetto alle solide basi economiche che prevalevano all’inizio dell’anno”.
La potenziale recessione è stata al centro del dibattito politico in questa fase della campagna elettorale in vista del voto federale del 28 aprile.
Il primo ministro uscente non ha usato mezze parole per descrivere la gravità della situazione. “Possiamo aspettarci una pressione sull’occupazione in questa economia”, ha dichiarato Mark Carney durante una tappa della campagna elettorale a Oakville, Ontario, una comunità vulnerabile alle nuove tariffe automobilistiche poiché Ford è uno dei maggiori datori di lavoro della zona.
Sulla scia della risposta negativa del mercato ai dazi del governo degli Stati Uniti e delle recenti perdite di posti di lavoro canadesi, Carney ha aggiunto sabato di aspettarsi una futura “pressione” sull’occupazione in Canada.
Inoltre, Carney ha ribadito la sua promessa che un governo liberale rieletto risponderà ai dazi costruendo un’economia più forte e meno collegata agli Stati Uniti. Ma ha anche detto che queste azioni non attutiranno del tutto il colpo finanziario.
“Ci aspettano giorni difficili. Non ho intenzione di indorare la pillola”, ha detto.
“Abbiamo visto i primi segnali di ciò nei mercati finanziari, movimenti drammatici nei mercati finanziari, che stanno dicendo agli americani, agli americani che stanno ascoltando, che ci sono futuri tagli di posti di lavoro, un’inflazione più elevata e probabilmente una recessione americana in arrivo”. Carney ha detto che l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea serve da monito.
“C’è voluto un po’ di tempo prima che gli impatti della Brexit filtrassero sull’economia del Regno Unito, ma ho già visto questo film”, ha sottolineato Carney, riferendosi al suo lavoro di gestione della risposta economica di quel paese alla Brexit come capo della Banca d’Inghilterra.
“So esattamente cosa sta per succedere. Gli americani diventeranno più deboli”.
In alto, il presidente americano Donald Trump (foto: Casa Bianca)