Canada

La minaccia Omicron
mette in crisi
anche i servizi essenziali

TORONTO – Siamo entrati nella fase più critica di questa pandemia. Come avevano abbondantemente preannunciato i virologi di mezzo mondo già dal metà dicembre, Omicron è molto più infettiva rispetto alle varianti precedenti – alcuni esperti si azzardano a dire che sia il virus più contagioso della storia dell’umanità – e anche se, in generale, questo nuovo ceppo porta con sé sintomi più lievi ed è meno efficace nell’attacco dei tessuti polmonari, lo tsunami di casi sta creando una situazione d’emergenza senza precedenti, qui in Ontario come nel resto del mondo.

Con diverse decine di migliaia di nuovi casi di Covid registrati ogni giorno, anche se una piccola percentuale sviluppa dei sintomi tali da avere bisogno del ricovero, ci ritroveremo con un numero gigantesco di nuove ospedalizzazioni: è quello che sta puntualmente accadendo, con il numero di ricoveri che ieri, con 2,279 pazienti ammessi in ospedale – ha sfiorato il record dello scorso aprile, record che sarà frantumato nei prossimi giorni. Ne segue un proporzionale ed inesorabile aumento dei ricoveri in terapia intensiva e, purtroppo, dei decessi.

Ma Omicron non ha soltanto una conseguenza sul settore sanitario delle varie province canadesi. A risentire del contagio dilagante sono tutti i servizi essenziali, dalle forze di polizia ai trasporti urbani. A Winnipeg, ad esempio, la polizia cittadina ha dichiarato lo stato d’emergenza dopo che 170 agenti hanno dovuto auto isolarsi dopo essere stati contagiati.

Da molti giorni a Toronto, nella GTA e nell’area urbana attorno ad Hamilton c’è stata una progressiva riduzione delle tratte previste nei servizi ferroviaria e negli autobus locali a causa della mancanza di personale: in centinaia sono costretti a stare a casa o perché infettati da Omicron o perché individuati come stretto contatto con un positivo.

In ogni caso a sentire maggiormente il peso di questa ondata della pandemia è ancora una volta il settore sanitario e ospedaliero.

Da un lato abbiamo le associazioni di categoria che denunciano uno stato di grande criticità per medici e infermieri, con turni massacranti, condizioni di lavoro pesanti e una sostanziale latitanza del governo di fronte a delle carenze strutturali del settore che vengono puntualmente denunciate da due anni a questa parte. Dall’altro lato aumenta, con il passare dei giorni, la pressione sulle strutture sanitarie, con l’aumento dei pazienti Covid, i rischi di contagio negli ospedali, la cancellazione di tutte le operazioni chirurgiche non ritenute essenziale, lo stop alle visite specialistiche, con conseguenze che si faranno sentire anche a lunga scadenza, quando la pandemia sarà solo un lontano ricordo.

Ora questa situazione rappresenta la sfida più complicata per i vari livelli di governo dall’inizio della pandemia di Covid-19: non si tratta più di trovare le soluzioni logistiche e sanitarie per cercare di frenare il contagio di Omicron – quella è ormai una partita persa da tempo – quanto di garantire la continuità dei servizi essenziali, prima che si entri davvero in uno stato di emergenza irreversibile.

Davanti abbiamo i due-tre mesi più duri di questa pandemia, dobbiamo tutti quanti rimboccarci le maniche e fare la nostra parte.

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