Canada

Caos Alberta: sanità al collasso,
polemiche e un premier che traballa

TORONTO – Lo scorso primo luglio in Alberta venivano eliminate praticamente tutte le restrizioni anti-Covid. Il premier Jason Kenney, infatti, aveva implementato il suo “Open for Summer Plan”, un piano di riapertura dell’economia in tre fasi entrato in vigore a inizio giugno con il quale l’ex ministro del governo Harper imboccava una strada diversa da quella degli altri premier. Mentre nel resto delle province era stata scelta la linea di una riapertura prudente, seguendo i suggerimenti dei diversi comitati tecnico scientifici, in Alberta Kenney aveva optato per l’approccio “tutto e subito”.

Una strategia peraltro che era stata accolta con scetticismo dalla comunità scientifica di fronte alla minaccia rappresentata dalla variante Delta e dal rischio di una quarta ondata di Covid. Per tutto il mese di agosto l’Alberta ha visto un progressivo aumento dei contagi con una crescita esponenziale di molto al di sopra di quella delle altre province. Il 4 settembre Kenney è stato costretto a reintrodurre qualche timida restrizione, come l’obbligo di indossare la mascherina negli spazi pubblici al chiuso. Il 16 settembre è arrivato un nuovo tardivo giro di vite, seguito da quello del 20 settembre.

Oggi, a detta degli esperti, la provincia paga il caro prezzo di decisioni affrettate e risposte alla crisi arrivate in ritardo.

La sanità provinciale si trova sull’orlo del baratro. Quasi tutti i 380 posti letto in terapia intensiva sono occupati, oltre mille persone si trovano ricoverate in ospedale per complicazioni dovute all’infezione di Covid-19.

Ma per capire le proporzioni della catastrofe sanitaria che sta avendo luogo in Alberta bisogna andare a prendere i dati nazionali.

Stando ai numeri resi noti ieri dal ministero federale della Sanità, in questo momento in tutto il Canada ci sono 44.007 casi attivi di Covid-19: di questi quasi la metà – per la precisione 20.306 – si trovano in Alberta. Stiamo parlando di una provincia di 4,4 milioni di abitanti. In Ontario, dove risiedono 14,7 milioni di persone, i casi attivi di Covid sono 4.989, un quarto di quelli dell’Alberta.

Di fronte a questa situazione disperata, continua a far discutere la linea decisa da Kenney. Il premier, accusato in passato di aver assunto delle posizioni troppo lassiste verso il Covid e di aver flirtato troppo con i sentimenti no vax e anti lockdown che circolavano – e circolano tuttora – nella sua provincia, continua ad andare avanti per la sua strada, attirandosi critiche e polemiche a non finire. Mercoledì l’ultimo appello della Canadian Medical Association è caduto nel vuoto.

L’associazione che riunisce i medici canadesi aveva chiesto l’attivazione di lockdown mirati per frenare la catena del contagio nelle zone maggiormente colpite, una proposta bocciata dal premier.

Nei giorni scorsi varie province, l’ultima delle quali il Newfoundland and Labrador non più tardi di martedì, avevano offerto all’Alberta aiuti concreti, come l’invio di macchinario per le terapie intensive e personale sanitario, liquidati dal premier con uno sbrigativo “no grazie”.

Anche Ottawa si è mossa per giungere in aiuto della provincia così gravemente colpita dalla pandemia. Il governo federale ha messo a disposizione l’esercito che in questo momento si trova in stand-by, visto che manca il via libera definitivo dello stesso premier. Nel frattempo la situazione sta precipitando. Nelle ultime ventiquattrore si sono avuto 1.682 nuovi casi accompagnati da 34 decessi.

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