Cultura

Callas 100: tutta in voi la voce mia. In conversazione con Nicola Guerini

VERONA – In un anno ricco di centenari, eventi e ricorrenze, non poteva mancare una riflessione attenta su Maria Callas, straordinaria cantante per cui fu coniata l’espressione eccezionale di ‘soprano drammatico d’agilità’. Abbiamo quindi incontrato Nicola Guerini, direttore d’orchestra, presidente e direttore artistico del Festival Internazionale dedicato alla leggendaria artista.

Maestro, come presentare ad un pubblico che non vive in Italia il festival di cui è ideatore?
“Il festival nasce esattamente dieci anni fa, il 2 dicembre 2013 con il motto “Happy Birthday Maria Callas: nascita di un mito”. Nasce per aspettare il centenario del prossimo 2 dicembre. Il festival si svolge tra due date simboliche: il 2 dicembre (quello del 1923, nascita biologica di Maria Callas) e il 2 agosto (del 1947) quando la cantante debuttò all’Arena di Verona nel ruolo di Gioconda nell’opera omonima di Amilcare Ponchielli. Una data importante che lega la giovane cantante alla città scaligera sia per il debutto su un palcoscenico internazionale come quello areniano sia per l’incontro con il tenore veronese Giovanni Zenatello, primo Radames in Arena ed inventore del festival stesso. Zenatello, che cercava il cast per il cartellone del ’47, ascolta a New York una Callas ventitreenne e rimane particolarmente colpito dalle doti della cantante, soprattutto dal colore, l’intensità e il magnetismo già presente nella voce, capace di scolpire nelle sillabe del testo musicale tutta quella teatralità che sarebbe sbocciata di lì a poco”.

Quali sono le novità per la nuova edizione?
“Tra le novità della X edizione, la partnership con l’Accademia di Belle Arti Statale di Verona che ha organizzato un laboratorio di progettazione rivolto agli studenti di Design, coordinati dalla professoressa Antonella Andriani, con l’obiettivo comune di realizzare la moneta celebrativa del centenario dalla nascita di Maria Callas. Il risultato è una collezione di opere ispirate al fenomeno Callas, artista, donna e mito, che costituiscono la sintesi espressiva di un laboratorio di idee capace di tradurre l’immagine iconica del soprano greco-americano in un simbolo di condivisione e di valorizzazione collettiva. Una Commissione tecnica sceglierà, tra le proposte elaborate dai giovani designer, la moneta celebrativa che sarà realizzata in 100 copie numerate, in collaborazione con l’Atelier Arte Poli di Verona e che sarà conferita entro il prossimo 2 dicembre 2024 alle 100 eccellenze segnalate da un Comitato scientifico, tra artisti, intellettuali, imprenditori che si sono distinti per il loro talento, le idee, l’arte e lo sviluppo delle comunità in cui operano. Si rafforza poi la prestigiosa collaborazione con l’Archivio Storico Tommasoli che, per il centenario, presenta il logo ufficiale del festival, raffigurante la foto della Divina scelta tra i servizi scattati negli anni veronesi dal ’47 al ’49 da Filippo e Fausto Tommasoli, e il teaser del Docu-film ‘Maria Meneghini Callas. Nascita di un mito’ a cura di Filippo Tommasoli, fotografo e filmmaker, in cui la città scaligera è teatro dei primi anni della sua carriera internazionale e intenso per gli affetti (conoscerà subito l’imprenditore Giovanni Battista Meneghini che diventerà suo marito nel ’49)”.

Di quante recite fu quel fatale contratto con l’Arena?
“Fu eccezionale: di almeno quattro recite (che poi saranno cinque) per un totale di 160 mila lire. Per Maria Callas non si trattava solamente di un contratto ma l’occasione straordinaria di debuttare in Italia. Da sempre il nostro paese è una meta importantissima per celebrare la propria arte ed in particolare quella della lirica”.

Verona galeotta, non solo fatale, vero?
“Sì, certo: i primi passi nella città scaligera sono un momento imprescindibile per la sua carriera d’allora e per quella futura perché Callas è affidata alle cure e alle lezioni del direttore d’orchestra Tullio Serafin, che l’avrebbe guidata nei segreti dell’interpretazione vocale. Inoltre è in quell’occasione che conosce l’industriale Meneghini. A luglio di quell’anno erano già una coppia nonostante i ventotto anni di differenza e lui l’avrebbe introdotta in un mondo che lei aveva sempre visto da lontano fatto di agi, incontri importanti e successi. A Verona fu accolta all’hotel Accademia dove soggiornò fino a quando non divenne la Sig.ra Maria Meneghini Callas. E oltre al 1947 fu presente in altre quattro stagioni areniane: nel ’48 in ‘Turandot’ (4 recite); nel ’52 ancora ne ‘La Gioconda’ (2 recite dirette da Antonino Votto) e ‘La Traviata’ (4 recite); nel ’53 in ‘Aida’ (5 recite) per il 40° anniversario dalla prima ‘Aida’ diretta da Serafin e ‘Il Trovatore’ (con una sola recita) e nel ’54 in ‘Mefistofele’ (3 recite) nel ruolo di Margherita”.

Un successo quindi tutto italiano e più squisitamente veronese…
“Indubbiamente ed è giusto sottolinearlo: quel 2 agosto del ’47 non rappresentò solo il suo debutto artistico internazionale ma fu anche il preludio di un teatro musicale che lei avrebbe rivoluzionato per sempre lasciando la sua impronta nella storia e diventando per tutti “la Callas”. Basti pensare che in quella famosa ‘Gioconda’ Callas si esibì con artisti come Elena Nicolai, Carlo Tagliabue, Nicola Rossi Lemeni e Richard Tucker, e tutti diretti dal leggendario Serafin”.

Come prosegue la carriera della cantante?
“Poi ci sono Venezia, Trieste, Udine, Genova, Roma, Torino e Firenze e poi, nel 1949, c’è la rivoluzione dopo la Valchiria: è alla Fenice per sostituire Margherita Carosio nell’Elvira dei ‘Puritani’ di Bellini. Da quel momento Callas è un fenomeno vocale. Nella sua voce c’è una drammaticità che scolpisce la personalità delle eroine e ne svela gli accenti più tragici”.

Il segreto di tanto successo?
“Un miracolo di natura tecnica, frutto di un’instancabile disciplina nonché il recupero di quella vocalità perduta legata alle grandi primedonne del belcanto ottocentesco come Isabella Còlbran, Maria Màlibran, Giuditta Pasta, icone del sopranismo protoromantico, con un’impostazione da contralto, che garantiva la possibilità di esprimersi con due voci distinte: una grave, possente, l’altra acuta, cristallina, che diremmo da “soprano leggero”. La fusione delle due tipologie canore in un unico soprano fu, sul piano storico, il più importante esito dell’arte callasiana. A questo si aggiunge l’apporto attoriale a cui lei contribuì in maniera determinante, inaugurando così una nuova stagione per le interpreti. La sua è una voce “visiva” perché la mimica del viso e del corpo ne anticipa e sottolinea la caratura drammatica dei personaggi”.

Quali sono le altre figure che hanno fatto parte della vita pubblica e privata di Callas?
“Dopo Zenatello suo scopritore, Serafin il mentore e Meneghini marito e manager, sicuramente Visconti e Pasolini. Visconti è fondamentale per le sue idee innovative che spogliavano lo spettacolo lirico da una tradizione concentrata sulla vocalità, ora perfette per la “nuova” Callas – dimagritissima – credibile nei personaggi che interpretava, con maggiore vitalità nel movimento scenico. ‘La vestale’, ‘La sonnambula’, ‘La traviata’, ‘Anna Bolena’ e ‘Ifigenia in Tauride’ sono un unicum eccezionale fra il regista e la “sua’”interprete”.

Quanto contò quell’avvenimento?
“Fu una trasformazione radicale. Il forte dimagrimento e la sua immagine trasformata nella Audrey Hepburn di ‘Vacanze romane’ la fecero planare anche sulle pagine dei rotocalchi popolari. Dal ’54 al ’58 Callas è la regina di Milano: frequenta i salotti di Mondadori, Wally Toscanini, dei Belgioioso, dei Castelbarco e sfoggia le confezioni elegantissime di Biki, al secolo Elvira Leonardi”.

E oltre a Visconti?
“Pier Paolo Pasolini vide in lei un potenziale fortissimo come attrice. Callas approda sul grande schermo con ‘Medea’ nel ’69. Pasolini ne colse il potenziale e la seppe guidare; lei, dal canto suo, indubbiamente si affidò, attratta dal carisma e dalla poetica dell’intellettuale-artista”.

Qualche parola sulla ricchissima attività di questi dieci anni di festival?
“Sono oltre duecento gli incontri dedicati a Callas con il coinvolgimento di studiosi, critici musicali ed artisti. L’idea è sempre quella di fondere l’approfondimento scientifico con l’approccio del/della cantante per avvicinarsi a Callas come fenomeno antropologico che ha influenzato tutto: stile, eleganza, un modo di essere, la femminilità dell’epoca, non solo il teatro musicale”.

Per concludere, può dirci cosa l’ha fatta avvicinare a Maria Callas?
“Moltissime cose, grandi insegnamenti a livello musicale ma non solo. Per me è vitale tornare ad osservare la dedizione infinita che lei aveva per quello che faceva, a dir poco formidabile. Il suo testamento? Vorrei rifarmi ad una delle sue lettere in cui lei dice “Sono nella musica che canto, l’unica lingua che conosco veramente, l’unico modo in cui posso parlare della mia arte e di me stessa e le mie registrazioni, per quel che valgono, hanno preservato la mia storia”. Ecco, in questo c’è l’immortalità e ciò che Maria Callas può continuare ad insegnarci, oltre la diva, oltre la donna, il mito”.

Un’anticipazione per il 2024?
“Ho messo mano ad un libro dedicato a Maria Callas che sto scrivendo ma non posso dire di più…”.

Grazie Maestro.

Nella foto in alto, il tenore Nicola Martinucci (a sinistra) riceve il Premio Internazionale Maria Callas 2023 dal Maestro Nicola Guerini

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