Il Commento

Addio, Indi. Che tu possa
riposare in pace

TORONTO – Quel piccolo angelo non c’è più. Era l’immagine della pura innocenza. La sua lotta per sopravvivere ha catturato l’immaginazione e il cuore delle persone in terre lontane. Ha appena otto mesi e non esiste più, almeno non in questo mondo.

Non è un mondo in cui mettiamo in risalto personaggi come Indi Gregory, figlia di Dean Gregory e Claire Staniforth, come forse dovremmo. Non molto tempo fa, in questa vita, raramente esisteva una famiglia che non sperimentasse la scomparsa di un bambino poco dopo la nascita.

La scienza e le tecnologie mediche non erano così avanzate. Ancora oggi non possono risolvere tutti i problemi sanitari, ma offrono speranza. I primi passi non sono mai facili: fare ricerca, scoprire la “malattia”; fare ulteriori ricerche per mitigare e curare la condizione. I passi successivi richiedono forza di volontà e risorse per portare avanti quella speranza.

La condizione di Baby Indi era stata identificata come una malattia mitocondriale incurabile, scoperta, per inciso, da un team di ricercatori in un ospedale di Bari, in Italia, che comprendeva medici israeliani e palestinesi.

Nella loro saggezza, gli esperti medici britannici hanno stabilito che era “malata terminale” e che l’ospedale avrebbe dovuto “staccare la spina ai suoi sistemi di supporto”, nonostante le obiezioni dei suoi genitori. Anche se la legge lo permettesse, la cultura degli italiani non tollererebbe che lo Stato si sostituisca ai genitori.

L’avvocato incaricato della tutela dei diritti umani di Baby Indi ha portato il suo caso davanti ai tribunali britannici. I tribunali hanno respinto tali obiezioni, decidendo a favore della professione medica, come riportato dal Guardian del Regno Unito, stabilendo che “è nel migliore interesse della bambinalasciarla morire? Sarebbe sicuramente spirata una volta privata del respiro.

Il caso/causa è passato alle corti europee, la cui giurisdizione non poteva ribaltare la decisione britannica, e all’Italia. L’avvocato di Baby Indi è/era italiano. La sua rete include funzionari governativi di alto rango che sono rimasti perplessi dalla tesi della Corte secondo cui un bambino di otto mesi potrebbe esprimere ciò che dovrebbe “essere nel suo migliore interesse”. Per gli italiani si trattava di un’usurpazione degli obblighi genitoriali che nessuna madre o padre avrebbero consentito.

L’avvocato ha fatto appello al Primo Ministro italiano, una madre, e ha presentato una proposta per fornire assistenza. La premier ha convocato una riunione d’emergenza del Consiglio dei Ministri. Dopo un incontro durato quattordici minuti, il governo ha autorizzato il primo ministro Georgia Meloni a concedere a Indi Gregory la cittadinanza italiana. Lo scopo era quello di facilitare il trasferimento della bambina in un ospedale italiano (il Bambino Gesù) dove le sarebbero state accordate cure continue, senza alcun costo per il sistema medico britannico. La scoperta della malattia [mitocondriale] è stata del resto attribuita al sistema medico italiano, tra i primi due al mondo, alternandosi al primo posto con quello francese. Forse potrebbero continuare a fornire speranza.

Secondo il Guardian britannico, i tribunali inglesi ancora una volta hanno respinto quella proposta dichiarando che “non è nell’interesse superiore del bambino”vivere, definendo tale proposta “del tutto fraintesa”.

La Corte d’Appello ha ordinato di staccare la spina al sistema di supporto vitale di Indi. Questo per quanto riguarda i suoi diritti umani. Ha inoltre ordinato che, contrariamente alla volontà dei suoi genitori, fosse trasferita in un hospice – non a casa sua – in attesa dell’ormai inevitabile.

I principali media e la stampa canadese hanno dato una scorsa alla storia, scegliendo di tagliare e incollare articoli di agenzie statunitensi o britanniche. La piccola Gregory è morta all’1.45 del 12 novembre.

Si può empatizzare con il padre in lutto che si è scagliato contro il sistema medico britannico ed i tribunali non solo per aver privato Indi del suo diritto alla vita, ma anche per averle negato la dignità di morire nella sua stessa casa. Il Corriere porge le sue condoglianze alla famiglia.

Nella foto in alto, il battesimo di Indi con i genitori Claire e Dean (foto dalla pagina Facebook dell’avvocato Simone Pillon, legale della famiglia Gregory)

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