TORONTO – Prosegue il braccio di ferro tra i manifestanti filo-palestinesi accampati nel campus dell’università di Toronto e l’ateneo. L’invito a sgomberare – l’utimatum era stato fissato per ieri alle 8 di mattina – è caduto nel vuoto e ieri presidente dell’U of T, Meric Gertler, ha detto in un post online che gli avvocati della scuola hanno chiesto alla Corte Superiore di Giustizia dell’Ontario di esaminare la richiesta di un’ingiunzione in tempi rapidi. “Oltre a perseguire questa via legale per restituire il King’s College Circle alla comunità universitaria, continuiamo a impegnarci in discussioni con gli studenti che rappresentano quelli nell’accampamento – ha detto Gertler – siamo fiduciosi di poter raggiungere un accordo e porre fine all’accampamento non autorizzato”.
Ma, al momento, le parti sembrano essere distanti anni luce: “non ce ne andremo finché le nostre richieste non saranno soddisfatte”, continuano a ribadire i rappresentanti dei manifestanti. Ieri alla dichiarazione di Gertler ha fatto eco anche una manifestazione degli studenti impegnati nella protesta e dei loro sostenitori, tra cui alcuni docenti e personale universitario e membri della Ontario Federation of Labour (OFL).
Sara Rasikh, una studentessa dell’Università di Toronto portavoce dell’accampamento, ha affermato che i colloqui non sono riusciti a produrre alcun impegno significativo da parte dell’amministrazione della scuola.
“Dal primo giorno dei nostri presunti negoziati, l’università non ha mai detto di voler porre fine al genocidio israeliano del popolo palestinese, ma solo di voler smantellare l’accampamento studentesco – ha detto alla folla – la U of T continua a proporre commissioni, ma noi vogliamo impegni. Vogliamo disinvestimenti e li vogliamo ora”.
Le due parti hanno trascorso la domenica in colloqui apparentemente volti a porre fine pacificamente alla protesta. Ieri Gertler ha detto che i negoziati sono stati “lunghi e produttivi” e che il dialogo prosegue. Ma mentre l’università intravede segnali postivi, non si può dire lo stesso per i manifestanti.
L’accampamento alla U of T è stato allestito il 2 maggio, come parte di una massiccia ondata di manifestazioni filo-palestinesi presso istituti post-secondari in Canada e negli Stati Uniti.
Gli organizzatori hanno invitato l’università a tagliare i suoi legami con Israele, a disinvestire dalle aziende che traggono profitto dall’offensiva israeliana a Gaza e a interrompere i partenariati con le istituzioni accademiche del paese ritenute complici della guerra.
Ma gli amministratori dell’ateneo hanno già detto chiaro e tondo che l’U of T non porrà fine ad alcuna partnership con le università israeliane e che, indipendentemente dall’esito dei negoziati, i manifestanti dovranno lasciare il campus di St. George.
“Saremo qui e continueremo a chiedere il disinvestimento. Siamo fermi nelle nostre richieste e nel nostro impegno affinché questa università non sia complice del genocidio”, ha aggiunto la studentessa del quarto anno Erin Mackey.
La presidente dell’OFL Laura Walton ha detto che i membri si sono uniti alla manifestazione perché l’ultimatum della scuola equivaleva a un tentativo di “minacciare e intimidire” i manifestanti. “Lo abbiamo visto come un tentativo di eludere i negoziati in buona fede e di esercitare il potere istituzionale per evitare la responsabilità. E lo respingiamo completamente”, ha detto.
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