Cultura

Un “picchio” va a Hollywood

TORONTO – Soprannominato “picchio” da suo padre quando era bambino, l’attore Pierfrancesco Favino era così innamorato di questo nomignolo che tentò di lanciare la sua carriera sostituendolo con il suo primo nome. Non sorprende che abbia abbandonato quell’idea abbastanza rapidamente, dato quanto sarebbe suonato strano “Picchio” quando veniva chiamato alle audizioni. Non era l’idea più brillante per un nome d’arte, né del tutto commerciabile. Ma perché quel soprannome? Da bambino era chiassoso, incline a scatti d’ira e rabbia mentre spesso pestava i piedi sui pavimenti e sbatteva i pugni contro i muri, da qui il soprannome picchio. Ma ciò che suo padre avrebbe potuto liquidare come petulanza infantile, si è rivelato una determinazione ferrea e una grinta nella sua età adulta.

Pierfrancesco Favino è senza dubbio l’attore italiano più in vista dall’inizio degli anni 2000, e una potenza nazionale nel cinema. Solo l’anno scorso ha recitato in tre dei migliori film italiani degli ultimi 5-10 anni: Comandante, L’ultima notte di amore e Adagio. In ognuno dei film, ha interpretato uomini induriti ma vulnerabili, riuscendo a evitare la “sovrapposizione”, una tendenza che sembra affliggere anche gli attori di maggior talento, nelle performance. Se non fosse stato per i suoi titoli di coda in Adagio, ad esempio, sarebbe rimasto quasi del tutto irriconoscibile per la trasformazione fisica nel ruolo, interpretando un ex detenuto e membro della banda romana della Magliana.

È questo tipo di impegno per l’arte che ha catturato l’attenzione dei registi americani, insieme alla sua grande inclinazione per l’inglese, ovviamente. Dall’inizio del secolo, Favino ha recitato in grandi film americani come Angeli e demoni, World War Z, Una notte al museo, Le cronache di Narnia e Rush, per citarne alcuni. Ma soprattutto, Favino è rimasto movimentato come quando era bambino, sostenendo con forza gli attori italiani affichè si rendessero più visibili sul mercato internazionale e accusando le produzioni americane di appropriazione culturale.

Quando Michael Mann assegnò a uno spagnolo e degli americani ruoli italiani in Ferrari, Favino fu l’unico italiano ad avere avuto il coraggio di criticarlo: “Se un cubano non può interpretare un messicano, [a causa dell’appropriazione culturale] perché un americano può interpretare un italiano… succede solo da noi”. La sua protesta andò oltre: “A me sembra un atteggiamento di disprezzo verso il sistema italiano”. Si può ragionevolmente sostenere che “l’appropriazione culturale” è del tutto assurda come premessa, ma Favino stava/sta sottolineando in modo più importante la segnalazione del merito selettivo che si verifica quando viene lanciata l’accusa.

Eppure, nonostante tutti i suoi sforzi per aiutare gli italiani a ottenere maggiore visibilità e lavoro sulla scena internazionale, alcuni dei suoi connazionali lo considerano insopportabile ed egocentrico, accusandolo di essere fascista e sovranista. Ma la maggior parte di queste sono chiacchiere da parte di ideologi catturati dalla politica e di una comunità facilmente offendibile. I leader non si limitano a dire ciò che pensano gli altri, ma fanno ciò che gli altri non fanno. E in questo senso in particolare, Favino continua a superare i suoi pari.

Quindi, mentre alcuni registi italiani preferiscono passare il tempo a lamentarsi delle riforme del credito d’imposta o degli sforzi della “grande cattiva” Meloni per rendere disponibili più fondi ai talenti locali e alle storie italiane, Favino è impegnato a “rubare la scena” e a recitare insieme ad Angelina Jolie nel nuovo film Maria, sulla leggenda dell’opera greca Maria Callas. Le prime recensioni sono entusiaste della sua performance, che potrebbe vederlo finalmente candidato all’Oscar il prossimo marzo.

Forse allora i suoi colleghi italiani inizieranno a seguire l’esempio di “picchio”. Procedendo nel modo consueto, questo “picchio” ha la testa dura e sembra essersi fatto strada fino all’altro lato.

Nelle foto: una scena del film “Maria”, per gentile concessione di Netflix, Rai Cinema; Favino e Jolie, per gentile concessione di Getty Images   

Massimo Volpe, autore di questo articolo, è un filmmaker e scrittore freelance di Toronto: scrive recensioni di film/contenuti italiani su Netflix

 

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