TORONTO – Un ex amico impegnato nel giornalismo e nella politica a livelli alti affermava che “la politica non è un affare serio”. Un altro, nel tentativo di scusare gli “apparenti fallimenti” di chi è al potere, similmente riteneva che “la colpa ricade sui consiglieri”. Entrambe sono posizioni difensive volte a deviare trasparenza, responsabilità e rendicontazione. In breve, “non importa comunque”.
Ma importa. Al momento in cui scrivo, il presidente Biden ha pubblicato una lettera su X (ex Twitter) annunciando che avrebbe dichiarato la sua decisione di NON concorrere alle prossime elezioni presidenziali.
In qualsiasi ambiente democratico, o in qualsiasi processo decisionale, il pubblico non sceglie/elegge i consiglieri. Chi occupa la sedia deve essere ritenuto responsabile delle decisioni e dei consigli che portano ai risultati. È legittimo chiedersi chi siano oggi i consiglieri che dettano i temi nei dibattiti politici che dominano le nostre vite.
I primi, dal punto di vista logistico, tra loro sono i circa 4.532 delegati alla Democratic National Convention che si terrà a Chicago, Illinois. Questi includeranno 3.788 delegati eletti, promessi (circa il 99% dei quali per Biden) e 744 delegati “automatici”, più comunemente noti come superdelegati.
L’attuale presidente Joe Biden era emerso vincitore in una serie di prove definite come Primarie, un processo attraverso il quale membri qualificati/certificati, tramite scrutinio segreto, determinano il candidato del partito per le prossime elezioni nazionali. Ciononostante, Biden subi’ una sconfitta disatrosa nel primo dibattito circa due settimane fa.
Ora la sua gente lo vuole fuori, non perché siano in gioco i principi che legittimano la politica socio-economica dell’apparato governativo, ma perché qualche altro partito potrebbe emergere vincitore nella lotta per la “Presidenza”. I successi scolpiti nella loro eredità vengono così facilmente accantonati e sostituiti da un nuovo mantra che non si adatta più agli anziani e agli infermi: Vincere, vincere, vincere.
Tradotte, quelle tre parole magiche significano: Spiacente Biden, stavamo solo giocando con la tua mente; per favore vattene o distruggeremo il partito anche a nostre spese. Al diavolo il processo. I “gruppi di interessi speciali”, nel modo più stridente e insistente, hanno già iniziato a garantire l’agenda politica che vogliono che il Partito Democratico persegua in cambio del loro sostegno.
La CNN, la rete televisiva via cavo portabandiera dei Democratici e disponibile per un vasto pubblico canadese, ha iniziato a dare a quei sostenitori il tempo di trasmissione di cui hanno bisogno per promuovere quelle posizioni. In Canada, quelle posizioni promuovono DEI (diversità, equità e inclusione), quasi esclusivamente. Come negli Stati Uniti, la motivazione dichiarata è quella di combattere la discriminazione debilitante, di combattere le condizioni che portano all’emarginazione e di promuovere la tolleranza e l’integrazione. La retorica emergente della campagna suggerisce un approccio più ristretto, decisamente divisivo come ci si può aspettare quando interessi particolari dotati di denaro e influenza entrano nella mischia per consigliare che “le regole possono e devono essere modificate”… per soddisfare i propri obiettivi e scopi, qualunque essi siano.
Come se fossero stati preceduti da un segnale, gli “affamati di politica” hanno iniziato a infuriarsi per i “diritti riproduttivi” (codice per l’aborto) e la necessità di annullare il ribaltamento di Roe v Wade, una questione di diritti degli Stati. Contemporaneamente, i tipi vocali parlano della necessità di avere una “visibile presenza minoritaria nel biglietto” (l’emarginazione è ancora una minaccia, anche se gli Stati Uniti hanno avuto un presidente nero e un vicepresidente nero/asiatico). Quasi altrettanto eclatante è il rifiuto praticamente completo di un’altra realtà; recenti studi demografici suggeriscono che 60 dei 342 milioni di residenti americani ora parlano una qualche forma di spagnolo-inglese, nessuno di loro ha una posizione enunciata dalla stampa e dai media.
Analisti seri fanno riferimento alla capacità di mantenere la superiorità militare, misure per mantenere la competitività economica globale, sicurezza interna, immigrazione e programmi sociali che riflettono una società leader.
Trentasei rappresentanti del Congresso e senatori eletti hanno parlato a favore del “rovesciamento del processo” che li ha portati fin qui. E’ chiaro che non hanno fiducia nelle condizioni che hanno contribuito a creare. Accetteranno ora il consiglio del presidente in carica/candidato di appoggiare la sua scelta? I tribunali interverranno per autorizzare qualsiasi aggiramento dell’elettorato?
Domani: discussione delle opzioni.
In alto, una foto del presidente Joe Biden tratta dal suo profilo Instagram