Canada

Trudeau conferma: “Non mi dimetto”. Ma dai sondaggi arrivano solo cattive notizie

TORONTO – Justin Trudeau rimarrà alla guida del Partito Liberale, almeno fino alle prossime elezioni federali. Lo ha confermato lo stesso primo ministro durante un’intervista concessa a Radio Canada nella quale il leader grit ha ribadito la sua volontà a restare in sella al partito, mettendo a tacere una volta per tutte le voci su un suo possibile passo indietro per dare tempo ai liberali di dotarsi di una nuova leadership prima del voto, in programma nell’autunno del 2025. Trudeau – che ha sottolineato come quello del primo ministro sia un “lavoro pazzo”, a causa delle forti pressioni che bisogna subire e del peso tremendo delle responsabilità – ha elencato quelle che a suo avviso sono le priorità del Paese in questa delicata fase: diritti delle donne, difesa e tutela della comunità LGBTQ2 e il rilancio delle politiche ambientali, sotto attacco a suo dire dalle opposizioni come ha dimostrato la recente polemica sull Carbon Tax. La querelle, in realtà, scavalca i recinti partitici, visto che nel gruppo di premier che hanno chiesto lo stop agli aumenti della Carbon Tax troviamo anche il liberale Andrew Furey, premier del Newfoundland and Larador.

“Non certo il tipo di uomo che abbandona il combattimento quando il gioco si fa duro”, ha ribadito il primo ministro, aggiungendo che saranno gli elettori alle prossime votazioni a dire l’ultima parola su quanto fatto dal suo governo negli ultimi otto anni e mezzo.

Eppure la situazione per il primo ministro non è delle più rosee. Attaccato dalle opposizioni, messo all’angolo dai premier sulla controversa questione della Carbon Tax, Trudeau deve ancora una volta fare i conti con le cattive notizie che arrivano dai sondaggi. Le indagini demoscopiche delle ultime settimane mettono in luce una netta crisi di consenso per il Partito Liberale, giunto ormai a livelli minimi che non si vedevano dal 2011, anno della disastrosa disfatta alla urne che consegnò al conservatore Stephen Harper un’ampia maggioranza parlamentare.

Stando all’ultimo sondaggio della Mainstreet Research, il distacco tra il Partito Conservatore di Pierre Poilievre e il Partito Liberale di Trudeau è di 21 punti percentuali. Se si dovesse votare in questo momento, i tory salirebbero a quota 46 per cento, una percentuale che garantirebbe al partito di entrare nella House of Commons con una significativa maggioranza parlamentare. I liberali invece non andrebbero oltre il 25 per cento, mentre la crisi che ha colpito il campo del centro-sinistra non risparmierebbe nemmeno l’Ndp di Jagmeet Singh, fermo al palo al 15 per cento. Sarebbe, in sostanza, una bocciatura senza se e senza ma al patto di legislatura firmato dai due leader nella primavera del 2022 che ha garantito la sopravvivenza – seppur in mezzo a violenti scossoni politici – al governo di minoranza liberale a guida Trudeau.

Ma è nella distribuzione virtuale dei seggi che si capisce la reale portata della crisi che sta attraversando il primo ministro canadese. Secondo 338canada.com, un portale che aggrega tutti gli ultimi sondaggi tenendo conto della suddivisione territoriale delle intenzioni di voto, andando alle urne in questo momento il partito di Poilievre conquisterebbe 210 seggi, ben al di sopra del numero magico 170 che è la soglia per conquistare la maggioranza assoluta alla Camera. I liberali, invece, si fermerebbero a 63 deputati, mentre l’Ndp poterebbe in parlamento solamente 26 mp, staccato nettamente dal Bloc Quebecois che conquisterebbe 37 circoscrizioni.

Insomma, saremmo di fronte a un cataclisma politico che segnerebbe la fine del governo al potere dal 2015.

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