Sopravvivenza e crescita anche in isolamento
TORONTO – La visita dell’Ambasciatore Alessandro Cattaneo nel New Brunswick e, più in particolare, la sua partecipazione alla cena per i 50 anni dell’Associazione Italiana di Moncton (uno dei tre principali centri urbani della provincia) mi ha riportato indietro nel tempo, a quando ricevetti una prima e più inaspettata telefonata, quando prestai giuramento come Ministro. Mi aspettavo che potesse essere stata mia madre a telefonarmi. Sbagliato.
La chiamata è arrivata dal New Brunswick, una provincia scarsamente popolata – i cui cittadini sono in numero equivalente a quelli che vivono a Mississauga, in Ontario – ma che si estende su un’area grande quanto la Gallia Cisalpina nell’antica Repubblica Romana (gli odierni Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino, Liguria, Friuli). Io ero un deputato del centro di Toronto.
Spero che i lettori mi concedano questo momento di riflessione sul carattere “indomito” degli italiani della diaspora, e che le persone citate non si offendano per essere menzionate come parte della storia, così come si svolge.
“Ministro, uno dei suoi parenti le ha chiesto se fosse così gentile da richiamarla”, disse la mia capo staff, aggiungendo, “una certa Diane Volpé del New Brunswick”. Non c’era nessuna Diane nella mia famiglia; certamente, nessuna nel New Brunswick, risposi, come potrebbe essere finito lì un Volpe? Forse c’era una fermata speciale per loro sul treno dal Pier 21, aggiunsi, con il mio tono più ironico. “Oui, bonjour Monsieur Volpé; Merci, d’avoir me rappelée. Stavo assistendo alla cerimonia di giuramento e ho pensato di chiamare lei, un ministro federale, con un nome come il mio, che potrebbe essere in grado di dirmi delle mie origini, le dispiace se glielo chiedo?”, ha detto nervosamente.
Il suo cognome era Volpé, con un accento grave in modo che i francofoni non lasciassero cadere la e finale, e gli anglofoni non la pronunciassero come ee. “A quanto pare mio nonno non era della zona, e parlava una lingua diversa, ma proibiva a chiunque di parlare qualsiasi cosa tranne il francese in casa”.
Ha continuato: “Ma sapevamo che eravamo diversi a causa di quello che mangiavamo: eravamo gli unici in città che preparavano e cucinavano qualcosa che si chiamava spaghetti al pomodoro, pizzette e minestra o a volte pizza al pomodoro. Più tardi abbiamo scoperto che si trattava di pasti italiani. Li conosce?”, ha chiesto.
Pasti tipici che si identificavano con la mia zona d’Italia da dove c’erano ondate di emigranti prima e subito dopo la Prima Guerra Mondiale; molti di essi, Volpe, aveva qualche record del genere, risposi. Lei non lo sapeva. La chiesa locale, dove erano conservati i registri delle nascite, dei battesimi e di altri riti e cerimonie religiose, era stata distrutta in un rogo e non esisteva alcuna documentazione attendibile. Né poteva dire con certezza quando arrivarono i suoi nonni e quale fosse il loro porto d’ingresso.
Gli dissi che all’inizio del Ventesimo secolo molti immigrati in Canada trovavano la loro strada dai porti di ingresso a Quebec/Montreal, Boston o New York (Ellis Island).
La nostra conversazione è durata quasi un’ora. Verso la fine disse che suo fratello, un certo Jeannot Volpé, era un deputato provinciale e Ministro del Gabinetto nel governo [conservatore] del Premier Bernard Lord.
Sono trascorsi due decenni. Non ho riallacciato i rapporti con la Volpé. Colpa mia. Correggo questo, grazie all’Ambasciatore Cattaneo che è andato a cercare gli italiani che sono sopravvissuti in una terra straniera, lontana e non hanno mai dimenticato chi erano/sono e che ora potrebbero essere in grado di far fruttificare quell’eredità a questa terra d’adozione.
In alto, l’Ambasciatore Italiano Alessandro Cattaneo in New Brunswick, in una classe dove si insegna l’italiano (foto: Ambasciata Italiana in Canada)
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