Il Commento

Rischiamo di essere i cagnolini che abbaiano per gli avanzi

TORONTO – Lui, il Donald, ha confermato quello che tutti noi sappiamo, intuitivamente, essere il suo principio-guida, espresso come: “meglio un giorno da leone che cento da cani”. Siamo solo “prede” degli USA. Trump è il volto smascherato degli USA. Non ci sono confini che non attraverserà per soddisfare le sue esigenze.

Centottantacinque Paesi (185) sono stati insigniti come “Vittime” – nominati nell’elenco delle Nazioni che dovranno pagare di più, se vorranno esportare negli USA. Se i produttori non riescono ad assorbire l’aumento dei costi, i consumatori dovranno trovare un modo per farlo, o cercare alternative. È il “come va il mondo” – repubblicano o democratico che sia.

In entrambi i casi, il “Liberation Day” di Trump segna l’inizio di un riallineamento, volontario o meno, dei mezzi di ridistribuzione della ricchezza in tutto il mondo, mentre i mercati si spostano verso le nuove condizioni. Non ci sono “amici” in quell’ambiente, solo un riconoscimento ed un rispetto per le esigenze e le richieste dei partner disposti a cooperare per un reciproco beneficio. Ciò richiede invariabilmente alleanze tra entità solitamente disparate.

Potrebbe essere utile affermare che “siamo uniti”, a condizione che tutti i partner interessati concordino su un obiettivo comune. Temo che possa essere considerata una sciocchezza poco impegnativa in un vasto Paese (mercato) come il Canada, dove le varie regioni (province) sono essenzialmente specializzate nell’estrazione delle risorse naturali più disponibili all’interno della loro giurisdizione e, altrettanto tipicamente, esportano principalmente verso un singolo mercato. Ha senso dal punto di vista dell'”efficienza”.

Ad esempio, secondo il Canada Energy Regulator del governo (data del rapporto, 21/08/2024), “le esportazioni di petrolio greggio … [hanno raggiunto]… 4 milioni di barili al giorno… [un importo] valutato a 124 miliardi di dollari, che rappresenta il 16% del valore totale delle esportazioni del Canada“, per il 2023. Il rapporto sottolinea che il 97% di tali esportazioni era destinato agli Stati Uniti e che “l’Alberta ha contribuito all’87,4% del volume totale”. Nessun altro Paese si avvicina a queste quote, comprando il suo prodotto in cifre singole, se misurato in miliardi di dollari.

È comprensibile che il premier provinciale dell’Alberta possa discutere vigorosamente nell’interesse degli interessi della [sua] provincia; proprio come lo è vedere altri premier discutere vigorosamente in difesa dei propri interessi provinciali quando “negoziano” con Trump. Cosa è veramente “fuori discussione” e cosa è negoziabile? Chi parla per chi? Chi parla per il Canada?

Dopotutto, il Paese è il garante legale/costituzionale ultimo di tutti gli accordi contrattuali strutturati dai settori commerciali/industriali nell’economia, qualunque essi siano; persino nel settore automobilistico e della componentistica auto nordamericano totalmente integrato che costituisce la spina dorsale del nostro settore manifatturiero e industriale, in valore in dollari, innovazioni, posti di lavoro diretti e indiretti.

L’Ontario, sede della più grande massa critica di “ingredienti” che guidano quel settore dell’economia [e di conseguenza la sua politica] – popolazione e PIL entrambi superiori al 40% del totale della Nazione – deve necessariamente svolgere un ruolo di leadership nel modellare la strategia per respingere un potenziale leone autodistruttivo. Altrimenti saremo tutti poco più che cagnolini che abbaiano per gli avanzi.

Traduzione in Italiano – dall’originale in Inglese – a cura di Marzio Pelù

In alto, il presidente americano Donald Trump mentre presenta i dazi (foto dalla pagina Twitter X di JD Vance – @VP)

More Articles by the Same Author: