TORONTO – Il voto federale del 20 settembre rappresenta una scommessa per Justin Trudeau. Alle urne la consultazione elettorale si trasformerà inevitabilmente in una sorta di referendum su come il primo ministro uscente ha gestito l’emergenza Covid-19 e, in prospettiva, su come il Paese potrà uscire dalla crisi economica provocata dalla pandemia. Stando ai sondaggi, il leader liberale ai nastri di partenza parte in vantaggio rispetto agli altri candidati alla guida del Canada, anche se l’obiettivo di raggiungere una maggioranza parlamentare – a differenza del voto di due anni fa – resta ancora molto lontano.
A spegnere l’entusiasmo dei liberali per la possibile creazione di un governo di maggioranza rimane infatti la percezione generalizzata della non necessità di queste elezioni. Trudeau in sostanza dovrà spiegare bene – e finora non l’ha fatto – perché il Paese debba tornare alle urne con l’emergenza Covid ancora in corso, con la quarta ondata della pandemia alla porte e con una riluttanza sostanziale dell’elettorato nei confronti dell’idea di tornare a votare a due anni dalle ultime elezioni.
Se il primo ministro uscente sarà in grado di dare sostanza e peso a questo tema, allora per lui la strada della riconferma sarà in discesa. Se questo non dovesse succedere, al contrario, potrebbero riaccendersi le speranze di Erin O’Toole e, in seconda battuta, di Jagmeet Singh. Il leader del Partito Conservatore sta già segnando il perimetro di quella che sarà la sua campagna elettorale. Recupero dei valori chiave dell’identità conservatrice – operazione questa che non era riuscita al suo predecessore Andrew Scheer in occasione delle elezioni del 2019 – e attacco a muso duro contro Trudeau per la gestione della doppia crisi – sanitaria ed economica – provocata dalla pandemia. Su questo, già dalle prime battute di questa campagna elettorale, possiamo vedere come il leader tory sia già impegnato fortemente nell’accattivarsi il sostegno della variegata galassia dei “Covid-scettici”, dai no vax agli anti-lockdown, passando per coloro che criticano l’obbligo vaccinale per i dipendenti pubblici e chi è contro al green pass per il settore sanitario e quello scolastico. Si tratta di un bacino elettorale consistente, quantificabile attorno al 15 per cento dell’elettorato, una mole di voti che all’appuntamento alle urne potrebbe rovesciare l’attuale rapporto di forza tra i partiti a Ottawa.
Singh invece dovrà cercare di fare meglio rispetto alla tornata elettorale del 2019. L’Ndp due anni fa raccolse poco più di 2,9 milioni di voti, passando da 39 ad appena 24 seggi. Il leader ndippino imposterà la sua campagna elettorale sulla necessità di aiutare le classi meno abbienti, quelle che hanno pagato il prezzo più alto alla crisi economica provocata dalla pandemia e sul bisogno di prolungare ed ampliare i programmi di sostegno attivati dal governo per superare l’emergenza.
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