Il Commento

Reazioni di Bibi disumanizzanti; “over the top”

TORONTO – Chissà? L’8 febbraio 2024 potrebbe rappresentare il punto di svolta nelle relazioni israelo-americane. Gli indizi si trovano in due conferenze stampa: una del segretario di Stato Anthony Blinken a Tel Aviv, l’altra del presidente Joe Biden a Washington.

È praticamente impossibile [sotto]stimare le ripercussioni di tali dichiarazioni nel mondo delle dinamiche politiche in relazione al Grande Medio Oriente, all’economia petrolifera ed alla stabilità della politica associata ai Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.

Senza gli Stati Uniti, Israele potrebbe anche trovarsi solo. Buona fortuna. Ciò sarebbe estremamente spiacevole ed assolutamente deplorevole dal punto di vista di coloro che, per decenni, si sono quasi innamorati dei risultati ottenuti da un Paese che si è distinto per l’espansione dei diritti civili ed i benefici della crescita economica per tutti.

Non è stato facile. In qualche modo, Israele è diventato la propria “minaccia esistenziale”. Guidato da Bibi Netanyahu, Israele si sta comportando come “la coda che dirige il cane (americano)”. Di conseguenza, rischia l’isolamento nel perseguire una diplomazia del tipo “vaffa’…”, come nella sua politica della terra bruciata nei confronti della Striscia di Gaza.

“La Striscia”, un appezzamento di terreno di 360 km quadrati (appena il 25% più grande di Mississauga, Ontario, ma con il 312% della sua popolazione) non ha risorse naturali, né forze armate, né risorse alimentari e sanitarie per soddisfare i bisogni della sua gente.

Eppure, ha praticamente soppiantato ogni altro luogo come “sito di preoccupazione”. Quattro mesi dopo aver “invaso” Israele, la Striscia è diventata un cumulo di macerie, interamente dipendente dagli aiuti umanitari stranieri per sfuggire alla fame, alle malattie e alla morte. I telegiornali e le foto non suggeriscono che Gaza disponga di strumenti di difesa competitivi per tenere a bada qualsiasi angelo vendicatore.

Il Times of Israel di giovedì 8 febbraio ha riferito che le agenzie di soccorso gestite da Hamas affermano che l’azione israeliana a Gaza ha provocato la morte di più di 27.000 palestinesi. Lo stesso rapporto afferma che “Israele […] ha ucciso oltre 10.000 uomini armati di Hamas a Gaza ed altri 1.000 terroristi all’interno del territorio israeliano il 7 ottobre”.

È un’affermazione sorprendente per coloro che seguono gli affari arabo-israeliani. Al di là di ogni aspettativa e immaginazione, quel giorno di ottobre “migliaia di terroristi guidati da Hamas irruppero in Israele dalla Striscia di Gaza, massacrando 1.200 persone (riviste al ribasso rispetto alle 1.400 iniziali), per lo più civili, e rapendo 253 persone di tutte le età” , si dice – ma non si spiega ‘come’?

Il resto del mondo – né filopalestinese, né antisemita – sta spingendo per il ripristino della pace. La settimana scorsa i mediatori del Qatar e dell’Egitto hanno presentato una proposta per un accordo sul rilascio degli ostaggi, seguito da una tregua, e sostenuta dagli Stati Uniti e Israele.

Si è arrivati ​​a un vicolo cieco quando il Primo Ministro israeliano, Bibi Netanyahu, ha interrotto le discussioni descrivendo le proposte di Hamas come “deliranti”, sottolineando che non ci sarebbe stato “nessun compromesso”.

Il sottosegretario di Stato, Anthony Blinken, ovviamente deluso,  dovendo informare il presidente americano Biden, ha espresso una reazione inaspettata dagli Stati Uniti affermando che “disumanizzare gli oppositori” non è mai accettabile.

Anche il presidente Biden non sembra averla presa bene, scegliendo di descrivere la risposta israeliana “over the top” (cioè esagerata). Bibi Netanyahu, con una popolarità del 14% nei sondaggi tra la popolazione israeliana, sta perdendo la “guerra delle pubbliche relazioni”. Non può essere una cosa buona.

In alto, Anthony Blinken e Bibi Netanyahu durante un incontro; nella foto al centro, il presidente Joe Biden nella conferenza dell’8 febbraio (foto da Twitter X – @SecBlinken / @POTUS)

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