TORONTO – Date che si accavallano, scadenze che si sovrappongono, sondaggi che si contraddicono. Inizia un’altra settimana all’insegna dell’incertezza a Ottawa, con il governo federale impegnato nel tentativo di evitare la minaccia dei dazi doganali americani entro il primo di marzo, con i concorrenti alla corsa alla leadership liberale che ieri hanno versato l’ultima definitiva quota di 125mila dollari per poter rimanere in gara e con le opposizioni che attendo il governo al varco, in vista del 24 marzo che porterà con sé il riavvio dei lavori parlamentari.
Pierre Poilievre, in particolare, ha lanciato il suo programma “Canada First”, in netta contrapposizione con Donald Trump e le spinte che arrivano dalla Casa Bianca. Un cambio di strategia, quello del leader dei conservatori, resosi necessario nelle ultime settimane, a causa del fatto che l’attenzione dell’elettorato canadese si è spostata proprio nei rapporti turbolenti tra il Canada e gli Stati Uniti. Le tensioni tra i due Paesi, a quanto pare, stanno avendo degli effetti anche nei sondaggi, anche se i risultati sono ancora frammentari e a volta completamente contraddittori.
Prendiamo come esempio le ultime tre indagini demoscopiche effettuate in Canada. Secondo la Ekos, il vantaggio che ha goduto Poileivre negli ultimi due anni nei confronti di Justin Trudeau e del Partito Liberale è sostanzialmente evaporato, dopo l’annuncio delle dimissioni del primo ministro che diventeranno effettive a partire dal prossimo 9 marzo.
Stando a questo sondaggio, se si votasse in questo momento i conservatori raggiungerebbero quota 38,8 per cento, mentre i liberali con un nuovo leader si attesterebbero al 33,8. I tory quindi resterebbero in testa, ma con un vantaggio molto limitato rispetto al recente passato. Sulla stessa falsariga si posiziona il sondaggio della Mainstreet Research, che rivela come la distanza tra i conservatori e liberali sia appena di 3 punti percentuali, quindi molto vicino alla parità statistica. Secondo questa indagine, i tory si troverebbero a quota 39 per cento, con i grit a tallonarli al 36 per cento. Contemporaneamente, è uscito un terzo sondaggi che smentisce categoricamente questi risultati. Secondo Abacus Data, infatti, la distanza tra i due partiti è ancora siderale: i conservatori viaggiano al 45 per cento, il Partiro Liberale non va oltre il 25 per cento, con un gap invariato di 20 punti percentuali. Sta di fatto, in ogni caso, che le dimissioni di Trudeau hanno introdotto un elemento di novità nelle dinamiche elettorali del nostro Paese: resta da capire come quantificarlo con precisione.
Stando alle proiezioni elaborata e 338canada.com, se si votasse in questo momento il Partito Conservatore conquisterebbe la maggioranza dei seggi a disposizione: ben 192, 20 in più rispetto a 172 che rappresenta la soglia della maggioranza assoluta alla House of Commons. Ci sarebbe, secondo 338canada.com, un discreto recupero dei liberali, non sufficiente però a colmare il divario accumulato con i conservatori negli ultimi 18 mesi.
Un peso in questa dinamica arriverà da chi vincerà la corsa alla leadership, diventando automaticamente anche primo ministro. Mark Carney, considerato il candidato da battere, tra le altre corse ha rivelato che nel 2012 l’allora primo ministro conservatore gli chiese di diventare ministro delle Finanze, un’offerta respinta dall’ex governatore di Bank of Canada.
Nella foto in alto, la House of Commons
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