Italia

Quell’Italia gloriosa
al di fuori dei confini

Prosegue la pubblicazione, in dieci puntate sia in Italiano che in Inglese, della presentazione accademica che il nostro collaboratore periodico Goffredo Palmerini ha tenuto all’Aquila il 3 novembre scorso, in occasione dell’Assemblea CRAM (Consiglio Regionale degli Abruzzesi nel Mondo). La relazione si intitola “Cenni storici sull’emigrazione italiana” e ripercorre la storia della nostra Diaspora.

L’AQUILA – Qual è oggi la situazione della nostra emigrazione, quali le condizioni delle comunità italiane nel mondo? Oggi gli italiani nei vari Paesi d’emigrazione si sono conquistati stima e prestigio, con ruoli di primaria importanza. Chi era emigrato dall’Italia lasciando luoghi con le più dure difficoltà di vita, proprio tra questi si riconoscono le migliori situazioni di riscatto (ad esempio, le grandi imprese di costruzioni in Sudafrica, tante dell’altipiano delle Rocche, di Rocca di Mezzo, Rocca di Cambio, Rovere). Hanno assicurato per sé e la propria famiglia benessere e progresso, ma anche per il proprio Paese e per quello d’accoglienza.

Tutte le volte che all’estero incontro le nostre comunità, la prima parola è di gratitudine nei loro confronti. Le ringrazio a nome personale, le ringrazio a nome della istituzione che di volta in volta ho rappresentato. Ma le ringrazio anche a nome dell’Italia, per via del mio lungo servizio nelle istituzioni. Lo faccio per sopperire anche chi, avendo funzioni di governo (locale, regionale o nazionale) talvolta dimentica d’esprimere gratitudine verso i nostri emigrati, certe volte dimentica perfino d’incontrare le loro associazioni.

Bisogna invece essere sempre loro grati per il servizio straordinario che hanno fatto all’Italia. Non solo quello di aiutare l’Italia nella rinascita dopo due guerre mondiali, con le loro rimesse di valuta pregiata. Sappiamo quanto questo ha rappresentato nell’economia italiana per la ricostruzione del Paese dopo la guerra e per avviare il nostro sviluppo economico.

Ma le comunità italiane nel mondo, oltre l’aspetto economico, sono state soprattutto utili – e questo è l’aspetto ancora più rilevante – per aver dato un’immagine dell’Italia di assoluta qualità, per aver dimostrato di quale pasta è fatta la gente italiana. Hanno avuto la schiena diritta, si sono guadagnati la stima e il prestigio, si sono affermati in società fortemente competitive in tutti i campi: nell’economia, nell’imprenditoria, nella ricerca, nella cultura, nelle università, persino nei Parlamenti e nei Governi.

Hanno saputo dimostrare di essere gente seria, affidabile, rispettosa della legge, addirittura migliore delle persone native di quei Paesi. Hanno saputo affermarsi in ogni campo e poi hanno saputo mettere quel quid in più che tutti ci riconoscono: la capacità degli italiani di coltivare le relazioni, di avere buoni rapporti sociali, soprattutto di avere quella creatività e quel talento tipico italiano che a tutti fa particolarmente meraviglia.

Questa è l’Italia gloriosa che al di fuori dei confini ha dato dimostrazione della positività della gente italiana. Certe volte ha persino cambiato l’atteggiamento che in molti Paesi si aveva nei confronti dell’Italia. Perché noi qualche difetto pure ce l’abbiamo, come quello di cercare scappatoie alla legge, il poco rispetto per le regole, i bizantinismi della classe politica incomprensibili all’estero, la corruzione nella pubblica amministrazione e così via. Aspetti gravi che dovremmo correggere, ma che all’estero, specie nei Paesi anglosassoni o di tradizione protestante, restano assai censurabili e anziché quel grande Paese che l’Italia è o potrebbe essere, siamo visti ancora con sufficienza.

Abbiamo dunque necessità di migliorare noi stessi anche sullo specchio di quello che hanno fatto i nostri connazionali all’estero. Ma soprattutto abbiamo il dovere morale di conoscere e di far conoscere la storia della nostra emigrazione. Dobbiamo operare perché entri nelle nostre scuole, perché sia studiata dai nostri ragazzi, perché entri nelle università e perché l’Italia dentro i confini conosca bene l’Italia fuori. Quante opportunità potrebbero nascere per il nostro Paese con un rapporto nuovo e maturo tra queste due Italie, dentro e fuori i confini, che si conoscono e riconoscono, sulla comunione della lingua e della cultura, sulla consapevolezza d’essere e di sentirsi un solo grande Paese in cammino, anche con la parte fuori dai confini.

Infine, con la diffusione della lingua e della cultura italiana cammina il Made in Italy, camminano i commerci, cammina tutto. Cammina soprattutto il modo di far conoscere ancor di più l’Italia in tutto il mondo. E ovviamente averne un riverbero importante, per il turismo in particolare, uno dei maggiori cespiti della nostra economia, specie oggi che abbiamo le difficoltà che stiamo vivendo.

Quanto sarebbe importante avere un’Italia che contasse 140 milioni d’italiani (60 in Italia, altri 80 all’estero), per sviluppare fortemente il turismo, anche il turismo delle radici, per valorizzare in termini economici ed occupazionali lo straordinario patrimonio d’arte, storia e cultura che l’Italia può vantare, uno straordinario cespite che ammonta a quasi due terzi rispetto a quello dell’intero pianeta.

(nono capitolo – continua…)

Nella foto in alto, “Bambini avvistano la Statua della Libertà”, dal libro “La Merica. Emigrazione dei Monteleonesi verso gli Stati Uniti dal 1882 al 1924” di Antonio De Vitto 

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