Canada

Protesta a Ottawa,
passata la grande paura

TORONTO – Dieci arresti, circa 700 multe, qualche episodio di violenza isolato. È questo il bilancio della tre giorni di protesta organizzata a Ottawa dal cosiddetto “Thunder Rally”, una manifestazione che ha avuto luogo nella Capitale sulla falsariga della massiccia protesta di tre settimane lo scorso febbraio. I residenti di Ottawa hanno tirato un sospiro di sollievo, perché si temeva che il rally potesse ricalcare quello del Freedom Convoy, con l’occupazione del centro storico e gli infiniti disagi vissuti nel quartiere che ospita il parlamento federale.

Ma la natura dei due eventi è stata profondamente diversa. A febbraio gli organizzatori della manifestazione erano giunti nella Capitale chiedendo la fine di tutte le restrizioni relative al Covid-19, con l’intenzione di rimanerci fino a quando il governo federale non avesse ceduto di fronte alle loro richieste.

Dopo tre settimane l’esecutivo guidato dal primo ministro Justin Trudeau non solo non si era piegato di fronte all’occupazione del centro storico della Capitale, ma aveva attivato – per la prima volta nella storia canadese – la legislazione d’emergenza con la quale venivano conferiti straordinari poteri alle forze di polizia per porre fine al blocco e, contemporaneamente, con i quali venivano congelati i conti correnti dei partecipanti. In seguito si era sviluppato un acceso dibattito sulla presunta impreparazione della polizia di Ottawa di fronte alla minaccia rappresentata dal convoglio che aveva portato alle dimissioni dello stesso capo della polizia cittadina.

Questa volta, invece, le forze dell’ordine si sono organizzate per tempo, chiedendo peraltro rinforzi ad altri corpi di polizia. Ma anche l’atteggiamento dei manifestanti è stato ben diverso: pochissimi episodi di violenza e nessuna intenzione di bloccare il centro della Capitale.

Già nella prima mattinata di domenica gli organizzatori della protesta aveva confermato l’intenzione di lasciare Ottawa finita la manifestazione.

Insomma, da ambo le parti sembra che la lezione sia stata finalmente imparata. Da un lato è stato garantito il diritto di manifestare in modo pacifico, dall’altro non si è sottovalutata la minaccia, facendosi trovare pronti fin dall’inizio.

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